Spazio Lavit
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Tra l’obiettivo e la squadra galeotto fu l’amore: uno spazio ideale sorto dall’armonia di coppia di questi varesini che hanno concepito un luogo che, assieme alla fotografia, richiama arte, cultura e lo spettacolo.
Uno spazio dinamico che ricorda la ‘factory’ americana, una sede che si presta al cambiamento e all’evoluzione in armonia con l’eleganza e la semplicità dello studio. Una ventata di freschezza, di originalità e di innovazione che si inserisce nel contesto urbano varesino fornendo un luogo d’incontro e scambio culturale.
Un ambiente creato per conoscere e far conoscere, per creare sinergie e proporre eventi di qualità al pubblico cittadino e non.
Anna Pedoja, responsabile del restauro, architetto moderno ha voluto a preservare tutte le travi d’origine e con l’aggiunta del soppalco ha sottolineato la parte alta investendo, in modo costruttivo, sui sei metri di altezza. Realizzato in ferro dalla tonalità di quel verde usato nell’epoca preindustriale, in particolare a Parigi dove molte di queste strutture sono tutt’ora conservate, ad esempio gli accessi al métro.
La struttura architettonica risulta visivamente leggera e apre una duplice funzione: di ufficio dominante il luogo e di perfetto display per una fra le tante collezioni di Lavit, quella più amata dal fotografo, una sessantina di macchinine a pedali di latta risalenti agli anni ‘50. L’intera sala dedicata alle esposizioni si presta ad ogni scenografia, l’aspetto versatile e la funzionalità del luogo si prestano ad ogni genere di creatività.
“E’ un sogno che si avvera. E’ stato amore a prima vista con il luogo. Sapevo che ne potevo ricavare uno spazio perfetto per me, uno studio fotografico ideale, trasformabile. Un ambiente in cui lavorare in armonia, come da sempre desideravo” dice Alberto Lavit.
“Una ristrutturazione che ha richiesto uno studio molto accurato, avendo preso la decisione di togliere un pilastro strutturale che ha richiesto un importante puntellamento della superficie”, spiega l’architetto Pedoja. I materiali usati sono cemento, ferro e resine della Teknai; il pavimento è stato ricoperto di piastrelle in ceramica effetto legno. Particolare attenzione è stata apportata agli isolamenti. I colori sono morbidi e neutri per lasciare una totale libertà creativa a questo spazio polifunzionale: proprio per queste finalità, lo spazio è dotato di impianto audio-visivo di ultima generazione con effetto cinema.
“Lo studio delle luci è stato di capitale importanza”, precisa l’architetto Pedoja, “per gli scopi prefissi da Alberto, un posizionamento ottimale a livello di illuminazione è assolutamente indispensabile”. La luce naturale diffusa dai lucernari può essere attenuata o completamente oscurata azionando i teli elettrici telecomandati.
L’entrata riporta il disegno grafico creato da Erika Porta, a capo dello Studio Cherries: una parentesi ‘aperta’ a tutto, simbolo della filosofia e la polifunzionalità dello spazio.- link2
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