i testi per gemito (2008)

Quando butti un libro o te ne disfi,
prima o poi la cosa ti si rivolgerà contro. Tranne che per quelli di
banana yoshimoto che dovrebbero essere messi al rogo d’ufficio.

Perché negarlo: a me il
cardiofrequenzimetro piace. Mi piace anche se è un oggetto di quelli
che si possono far sparire dalla faccia della terra e non succede
niente. Io il cardiofrequenzimetro me lo terrei sempre addosso. Per
la gioia che mi dà sentire che sono viva, che il cuore batte anche
se non ci penso, che sono “monitorata” in ogni momento.


Quelli che si devono fare le lavatrici
da soli li riconosci perché i golf di lana dopo un po’ gli
scendono lungo il braccio, oltre il polso. E fanno come se niente
fosse.

A proposito dell’aver figli: mi fa
piacere quando penso agli alberi genealogici, che a partire dal basso
hanno due nomi e poi a salire si allargano, e ci sono certi rami che
non hanno nessun seguito. Sono come dei binari morti, come dei
monconi smarriti, dove la linfa non sale più e torna indietro. E
allora penso, almeno questo l’hai fatto: hai fatto crescere un
pezzetto del tuo albero.


Ma l’ho capito che la vita è dura.
L’ho capito. Concorsi. Si. Concorsi.
Devo organizzarmi. Essere
sistematica,insistere. Vigile, bidella. Lo so. Alla fnac l’ho già
mandato. Anche all’ikea. Si una volta. Ma si. Si. Domani. Promesso.
Vendermi un po’. Con quello che so fare. Si.che ne so fare di cose.
Che sono brava e tutto. Domani mattina ci provo. Quello che mi fa
star bene dal punto di vista materiale e da tutti i punti di vista.
Sono un profilo atipico. Atipico.
Vedi come può essere monetizzato.
Centri territoriali permanenti. Entra in contatto. Io prenderei.
Qualche cazzo di cosa la saprai pure fare. Le marmellate. Che cazzo
ne so.

La radio di cantiere, è strano che sia
un oggetto fondamentale (non si lavora senza un suono), e come sia
quella che alla fine paga per tutti. La radio di cantiere, la più
preziosa, è sempre sottoposta a cadute, sciovolate e strappi, sempre
coperta di malta o bagnata di acqua lercia.

Viene un momento in cui non credo più
in nessuna possibilità. Tutte le possibilità si annullano e non ne
resta nessuna.

L’idea che la vita sia costituita per
la maggior parte del tempo di tempi in cui sei costretto ad adoperare
le forze per qualcosa di cui non ti importa nulla è devastante. In
tutto questo tempo ho capito che non c’è niente di cui mi importi
abbastanza da sentirmi affrancata dalla fatica. La fatica è il mezzo
di cui mi servo per discernere tra ciò che mi interessa e ciò che
se ne può andare. Senza fatica non avrei occhi né tatto.

Se mi pagassero per scrivere sarei come
un bambino costretto a ricredersi su babbo natale.

L dice che a New York in molte librerie
c’è gente seduta a terra che legge i libri. C’era anche una
barbona, sdraiata con gli altri a leggere. Avrà pensato Finchè
leggi, sei come gli altri newyorkesi.

A. anche se può sembrare, non è un
vecchio. Non è neppure solo un drammaturgo. E’ una delle rare
persone che valgono la propria pena.

Il fatto di amarti sta diventando così
assoluto, non ho mai avuto niente di assoluto nella mia vita, nessuna
fede, nessuna ideologia. Non mi sono mai abituata all’idea che una
cosa potesse restare se stessa senza evolvere in brutta sorpresa. Tu
sei la prima volta che dio si manifesta a me facendomi toccare
qualcosa di concreto che mi avvicini a lui. Il primo segno di
salvezza. Il primo segno d’elezione. A volte penso che ci sia stato
un errore e che tu fossi destinato ad una qualche mia vicina di casa.

A volte sei di carta, ti muovi appeso e
vedo tutti gli strappi del tuo corpo.

Quando da ore mi trastullo con ordigni
bellici per far saltare tutto, tu ancora mi sorridi: Come fai ad
essere così paziente con me? Cosa ti ho fatto?

Guidare non mi piace. E neanche stare
ferma. Ho bisogno di un autista che mi parti dove è meglio che
vada, senza chiedermi la strada e senza perdersi.

Quelli che lavorano da molto tempo
hanno esaurito le energie. Da una parte li invidio, anche se non sono
come loro. Sento che prima o poi dovrò dire anch’io: faccio
questo e lo farò per sempre, fino alla fine della vita. Lavoro in
questo campo. Ma spero sempre che qualcosa venga a prendermi e mi
porti via. Come gesù quando da morto è stato assunto in cielo. Che
lavoro faceva gesù? Cosa avrebbe scritto sulla carta d’identità?

Odio la tua confusione. Che è la mia.
Odio di te tutto quello che mi rassomiglia. In definitiva, cerco di
farti assumere un’immagine rispettabile per esserne stata
l’autrice. E potermi dedicare finalmente al mio smarrimento.


Quelli che ti dicono Tu pensa per te,
non ci pensare a lui, ognuno deve pensare prima per sé e poi se
mai, agli altri perché un domani, quando hai bisogno, mica gli
altri ti aiutano, se non ti aiuti da solo non ti aiuta nessuno -
quelli non solo non li capisco, ma mi stanno anche antipatici.

Un dentista, uno che non conosci che
potrebbe essere un chiunque, tu gli permetti di ficcarti un trapano
in bocca e di fare cose che neanche il tuo migliore amico. Solo
perché hai mal di denti e non sai altro.

Quando arriva un dolore è come la
genesi del mondo, prima non c’era, neanche in concetto, neanche in
idea, e dopo c’è. E quella presenza del dolore, quando c’è, non
riesci neanche più ad immaginarti com’era quando non ce l’avevi.
Finchè non ti passa. E’ come se Dio, per un po’, decidesse di
tenerti stretta una mano.

Non è che devi svegliarti di notte per
scrivere. Non lo fai contro qualcuno. Lo fai e basta. Perché se non
le scrivi di notte, certe cose, di giorno niente.

Cerco in te una nobiltà che mi
risarcisca del fatto che quando dormi non solo russi, ma fai dei
rumori con la bocca che sembri l’esorcista. Allora mi dico –
pensa al suo lato nobile, da sveglio, ci penso ci penso e non mi
viene niente, poi ti scrollo, ti sveglio, tu apri gli occhi, mi
sorridi, non ti arrabbi mai quando ti sveglio, sei un angelo.


Non è che non voglia lavorare in
generale, dico solo, vorrei un lavoro che non c’entri con i soldi
tutto qua.

A volte faccio una prova. Dico: farò
così. E dico la cosa peggiore del mondo. Se vedo che nessuno si
scompone allora cerco di abituarmi all’idea che quella cosa è una
cosa accettabile. In pratica su quasi tutto faccio così, per non
offendermi di esistere.

Tuo figlio non sarà mica di quelli che
guarda la televisione mangiando. Sarà un bambino di quelli che la
televisione la vede solo a certe ore, ben codificate, un bambino che
legge, che dipinge, un bambino molto libero dagli schemi, eccetera.
Cazzate.

Mi sa che la vita è troppo dura per
me. io ero fatta per avere molta fiducia ma per poco tempo. Non sono
una fondista.
e così ora sono senza fiato e manca
ancora troppa strada.
a volte penso che se la selezione
naturale non fosse edulcorata dalla tecnologia, io sarei già
spiaggiata. come balena, intendo. è una metafora.
vorrei un deus ex machina.
in forma di uomo.
in forma di qualcuno che mi prenda per
mano e mi porti fuori e mi dica vedi
credevi fosse buio solo perché eri
dentro ma fuori
fuori c'è sempre stato il sole.


I giorni che non ti reggo sono quelli
che ti guardo la cenere sulla sigaretta e prego che non ti cada per
non farmi traboccare il vaso, ma ti amo, anche se sono ruvida. Sono
ruvida ma non ti caccio mai dal cuore.

Se sai chiedere aiuto sei a metà
dell’opera, se sai il come qualcuno che ti aiuta lo trovi. Ma certe
volte l’aiuto consiste proprio nel sapere che aiuto ti serve, e lì
il difficile.

T sta sul treno per milano, legge un
libro sull’anoressia per capire perché la sua ultima storia
d’amore non ha funzionato. A milano va a trovare un amico e una
vecchia fiamma, magari si vede una mostra, dice, e poi torna a casa.

Se avessi il coraggio non starei sempre
ad espiare, a farmi il culo per cose di cui non mi importa niente, se
avessi il coraggio non mi farei il culo, farei grandi cose e
diventerei famosa e di successo, tutti parlerebbero di me e mi
intitolerebbero anche una via. Prima o poi.

Quando penso Sono qui e scrivo, e ci
sono due possibilità. La prima è che tra dieci anni qualcuno dica
di me tutte le mie fatiche in funzione del successo, la seconda e che
quelli che mi conoscono dicano Tanto va la gatta al lardo che ci
lascia lo zampino.


Quand’è che passiamo una giornata
intera a letto, non ci alziamo, facciamo l’amore tutto il giorno e
ridacchiamo e oziamo fino al giorno dopo? Tu con le tue cuffiette per
montare i video, comprate dai cinesi a sei euro.

Maldischiena. Malditesta. Tosse
bronchiale. Sonnolenza. Soprappeso. Irritabilità. Controindicazioni
alla vita che conduciamo.

Se fosse dipeso da me, l’evoluzione
del mondo le scoperte, io magari sarei arrivata alla ruota, ma una
lampadina, diciamo, o una cosa come un motore a scoppio, non ci sarei
mai arrivata.

Come t’ho fatto ti disfo,
diceva sempre la mamma casalinga della mia migliore amica compagna di
classe.
Mia madre invece non ha mai detto
niente di tutto questo. Perché quella era una minaccia e come
psicoanalista sapeva che minacciare i figli è una cosa che non sta
bene e fa subito cattivo genitore. mia madre predicando sempre bene
ha sempre razzolato nella sua aia come se fosse l’unica abitante
dell’aia e come se gli altri fossero solo parte della sua
immaginazione. E le immaginazioni, quelle si, nulla vieta di
sterminarle.


Sogno che ero con d in un paese piccolo
del sud a picco sul mare, eravamo fuggiti lì per qualcosa che non
so. In ogni caso quella casa era come un rifugio. Mentre d dormiva
nel sogno io esco a fare qualcosa, arriva un vento fortissimo che mi
solleva da terra e mi fa volare sul precipizio sul mare. Era una cosa
meravigliosa quella di volare, ma ovviamente mi facevo anche la
domanda: se il vento finisce?
Allora svolazzavo sempre più in alto
su quel mare lontanissimo blu e un po’ minaccioso e un po’
seducente che mi sembrava un sogno. Poi trovavo una rete, una rete
che recintava l’aldiqua del burrone dall’aldilà del burrone, e
cercavo di aggrapparmi a questa rete per restare aggrappata il più
possibile in modo da non essere completamente in balia del vento. Si
capisce che non ero scema.
Poi il vento si è placato e io ero
come appollaiata sullo strapiombo, alla rete, dalla parte dello
strapiombo. Ma non avevo paura di cadere. Avevo solo una lieve
preoccupazione perché non sapevo più dove fosse il paese da cui mi
ero levata, e non sapevo come si chiamasse, né come avrei fatto a
tornarci. Inoltre ero appunto aldilà della rete e non c’era
nessuno n giro a cui chiedere.
Per fortuna sento una voce dalla
finestra di un altro pesino, quello in cui ero finita, ed era una
donna anziana, molto gentile, per nulla stupita che mi dice : signò
siete volata per via del vento?
E io Si.
Eh, mi dice, da queste parti bisogna
stare attenti.
E poi mi dice se voglio che mi venga a
prendere che c’è un cancelletto che dà sulla strada e se voglio
me lo mostra e mi accompagna dove voglio.
Io dico si.
Lei mi accompagna alla casetta dove c’è
d. che dorme e io penso qualcosa che non mi ricordo.




Due ferite che si riaprono ogni
mattino, alle sei, sei e mezzo, i miei occhi non si rimarginano mai.

Quasi ogni notte sogno B, sogno che
facciamo delle conversazioni quotidiane, niente di eccezionale. Nei
sogni io e B conduciamo una di quelle vite del tutto normali mentre
nella realtà non è affatto così, ci vediamo raramente e quasi
sempre facciamo sesso.

Ieri hai notato che i bambini non hanno
il bianco degli occhi, la pupilla riempie tutto l’occhio. La faccia
cresce, l’occhio resta uguale, l’iride si perde nel bianco
dell’occhio.

Portarsi dietro la macchina fotografica
sempre. Tutte le volte che la dimentico a casa vedo qualcosa che mi
dispiace non averla portata. Resto lì a guardare, a dire, peccato, e
adesso? Come faccio a mettermi in tasca una visione?

Certi libri, dopo tanto tempo, ti fanno
venir di nuovo la voglia leggere che è quando ci pensi sempre che
vorresti avere il tempo per continuare la storia, che sei più nella
storia del libro che nella tua, e gli altri, quelli che vivono fuori,
ti fanno pena perché sono solo reali, e non sanno cosa si perdono,
mentre tu no, sei salva perché hai il libro. Finchè non è finito.

Le donne in piscina sono normali, ma
sono belle. Anche se non sono perfette sotto la doccia mi sembrano
proprio delle bellezze femminili, con tutte quelle tette che poi sono
una diversa dall’altra e anche i culi . Invece quelle della
palestra sono orrende, con quei tutini muscolari e le fasce per
capelli sembrano bambine vecchie. L’unica possibilità per una da
palestra di diventare bella e di andarsene da li, farla finita con
tutte quelle flessioni davanti allo specchio e quei discorsi del
cazzo sulla dieta a zona e la televisione davanti al nastro e niente.
Spogliarsi di tutto e tornare in piscina.


Io se penso chi sono mi vengono in
mente tante di quelle cose e non so decidere, poi mi viene un senso
di caos che non ci capisco più niente. Allora ricomincio e cerco di
dividere le cose in tre piste. Faccio finta di avere tre vite normali
in una. E così va meglio. A volte.

Quando non ci penso per tanto tempo
all’improvviso mi torna in mente che abbiamo litigato per qualcosa,
che non ci parliamo più da più di un anno e non mi ricordo più il
perché. E poi mi tornano in mente delle cose di quando eravamo
ancora amici e ci comportavamo proprio come se non potessimo neanche
lontanamente immaginare che un giorno sarebbe finita così a non
parlarsi più e non fare una grinza. Una volta passando di fianco a
un falò, in veneto, faceva freddo e mi spiegavi qualcosa sulle
categorie di Aristotele e io ho pensato che tu fossi un genio, mentre
guardavo il fuoco del falò passandoci vicino. Mi piaceva non sapere
le cose che tu sapevi per farmele spiegare da te e avere quella
sensazione bellissima che tu fossi veramente esperto.

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