Arte, intrattenimento ed eremitaggio mentale


 

Settimane strane, queste sul blog.

Ai soliti articoli di recensioni, protoscienza, dieselpunk etc etc se ne sono aggiunti molti che, non a caso, ho catalogato sotto la tag “polemiche”. A fare un bilancio provvisorio direi che sono quelli che vi sono piaciuti di più.

Una precisazione: cerco sempre di evitare polemiche ridicole mirate a una persona/libro/casa editrice in particolare, a meno che non si tratti di casi clamorosi. Come i prezzi indecenti dei libri (ed ebook) Mondadori, o come l'orrendo Resident Evil Afterlife, un film di cui era impossibile parlar male mantenendo toni educati.

Detto ciò, preferisco discutere di problemi un po' più ad ampio respiro, seppur sempre incentrati sugli argomenti su cui si fonda il blog. Abbiamo per esempio parlato di mimetismo sociale, delle tendenze letterarie cavalcate ad minchiam, della liceità di pagare gli artisti etc etc.

 

Ogni tanto salta fuori il frescone che strilla la consueta banalità: “Con tutti i problemi che ci sono al mondo, voi siete qui a parlare ancora di editoria/libri/fumetti/film”. Di solito liquido la questione con un sonoro peto, che voi non potete udire, ma che dedico sempre con somma gioia al moralista di turno.

Poi però capita il giorno storto in cui la domanda te la poni per davvero. Così come i commenti seguiti a questo ottimo post di Elgraeco, che mi hanno oliato ben bene le meningi. E allora sì, facciamole pure, queste considerazioni.

 

L'intrattenimento come eremo?

 

Non mi sono mai ritenuto una persona particolarmente coi piedi per terra. Odio qualunque aspetto burocratico della vita, dal pagare le bollette all'acquisto di titoli in banca etc etc. Eviterei volentieri di fare tutte queste cose, infatti cerco di occuparmente il meno possibile. Avere una mente svagata e creativa (non prendetelo come un auto-complimento, bensì come un termine usato in mancanza di sinonimi decenti) di certo fa “trascendere” un po' dalle umane miserie.

Ovviamente non tutti si possono permettere di pensare più al romanzo da scrivere o al film da recensire che non al figlio che si droga o agli alimenti da pagare all'ex-moglie. O agli infiniti colloqui per cercare un lavoro. O a malattie gravi e debilitanti. Senza ipocrisie bisogna ammettere che la “mente svagata” sopravvive in determinate condizioni.

Io mi ritengo mediamente fortunato. Ho un lavoro fisso, né bello né strapagato, ma che mi permette di vivere in modo dignitoso. Ho una casa di proprietà. Non ho una famiglia mia né ho intenzione di farla (penso che se avessi un figlio, apprensivo come sono, rischierei il crepacuore più volte al giorno). Ho abbastanza tempo libero per coltivare le mie passioni, nel senso che non sono uno di quelli che lavora dalle 7 del mattino alle 21 di sera. Certo, la vita mi ha riservato la “giusta” scarica di bordate devastanti, tra decessi di famigliari, disgrazie amorose, occasioni perse e bruttissime persone incontrare. Ma la mia mente svagata è riuscita bene o male a sopravvivere.

 

Posto ciò, io non vivo in un eremo. Non sono un nerd, né un distratto. Sono altresì molto attento alla società in cui vivo, che mi piace sempre meno. La passione per la storia e, perché no, anche per l'ucronia, mi permette forse analisi più obiettive e fredde rispetto ad altri osservatori animati da profonde passioni. Credo di avere una cultura medio-alta, seppur con enormi lacune in alcuni campi (economico, matematico, solidale).

Se il Blog sull'orlo del Mondo si occupasse di politica, attualità o cronaca, aggiungerebbe qualcosa di valido alle tantissime voci che oramai si sovrappongono ogni giorno? All'osceno chiacchiericcio su casi eclatanti come quello di Sarah Scazzi? Io credo di no. Questo non vuol dire che non affronterò mai problemi di attualità (etc etc), anche perché a volte, raramente, è già successo. Né tantomeno vuol dire che tali problemi siano avulsi dal mio interesse. Solo che qui si parla di altro. Perché ciascuno deve dare il meglio di sé nel settore che gli compete, senza scadere nel demagogico e nel populismo.

 

L'intrattenimento e l'Arte durante il Crollo


 

Se Dio vuole, Arte e (anche) puro intrattenimento sono sopravvissuti al crollo di decine di imperi. Sono sempre esistiti cantori, poeti, scrittori, pittori, cineasti, anche nei momenti più bui della storia umana. Anche durante guerre devastanti in cui l'unica occupazione dell'essere umano pareva essere quella di uccidere i propri simili.

Trovo dunque naturale continuare a farlo. Anche nei casi in cui Arte e intrattenimento non hanno alcuna funzione propedeutica alla comprensione dei mutamenti sociali e culturali che viviamo. In altre parole: libri e film possono, anzi devono, essere anche solo valvole di sfogo. Alternative. Vie di fuga. Come è giusto che sia. Poi sta a ciascuno di noi decidere se vivere in funzione di una realtà alternativa, fumettistica, cinematografica o altro, oppure stare nel centro tra essa e quella tangibile.

 

C'è da aggiungere dell'altro: anche discutere di editoria, dell'ostracismo alla “rivoluzione degli ebook”, di monopolismo del mercato dei fumetti può testimoniare, seppur in modo periferico, il crollo di un'epoca.

Perché quando un impero finisce anche l'Arte si imbarbarisce. La cultura diventa patrimonio di pochi, e alla gente comune vengono dati panem et circenses. I gruppi di potere si rinsaldano e cercano di sopprimere i moti rivoluzionari. Ciascun piccolo tiranno difende il proprio orticello e stringe alleanze col tiranno del giardino accanto, affinché nessuno riesca a minacciare un sistema marcio ma a loro utile.

 

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