Nel 2013 ho intervistato Marina Abramovich per il sito mymovies.it. Era uscito il suo film The artist is present ed era in corso la mostra al Pac a Milano. Anche se l’Abramovich che andavo a incontrare non sarebbe stata la coraggiosa pioniera dell’arte del corpo – la body art – o la “matta” dedita alla rivoluzione socio/politico/femminista dell’arte che avevo studiato sui libri e visto nei musei, ma una seriosa donna manager intenta a diffondere un personale metodo come chiave di lettura umana… ero comunque molto emozionata. E ho studiato. Tra vario materiale mi sono imbattuta in un’intervista su Flash art del 2007 dove l’artista dell’ex Jugoslavia si confrontare con altre due donne d’arte, l’iraniana Shirin Neshat e l’italiana Vanessa Beecroft.
Mi colpì una bella frase della Abramovich: “fare le prime performance a Belgrado era come essere la prima donna ad andare sulla luna”. E probabilmente lo è stato. Così come per la Neshat non poter tornare nel proprio paese per aver diffuso la realtà della guerra da un punto di vista femminile; o una Regina Josè Galindo che racconta delle spaventose torture e morti delle donne guatemalteche, provandole sul proprio, piccolo corpo; o, in maniera ridonandate, pop e ugualmente d’impatto una Barbara Kruger che, attraverso slogan dall’apparenza pubblicitaria, fa rilfettere sulla società del consumo; o Cindy Sherman che, cambiando ogni volta panni e ruoli, ci racconta una donna diversa. Come quelle seguite da Sophie Calle, che pone al centro del suo pensiero l’umanità, l’amore e la sua mamma. O di artiste che, per traumi oppure ossessioni, hanno raccontato il sesso esorcizzandolo e rendendolo al apri degli uomini: Louise Bourgeois, Valie Export, Sarah Lucas, Tracey Emin, Francesca Woodman, Carol Rama.
Chi ha denunciato la violenza sulle donne lottando incessantemente come Donna Ferrato con i suoi scatti fotografici o i report di Suzanne Lacy. O le differenze razziali disegnate da Kara Walker. E poi come non citare Frida Kahlo, diventata nota per la grande personalità e vita di sofferenze prima che della sua meravigliosa pittura come, facendo un salto temporale, Artemisia Gentileschi. E Jana Sterback, Maria Lassnig, Marisa Merz, Kiki Smith, Roni Horn, Tacita Dean, Marzia Migliora e ancora Monica Bonvicini, Rachel Whiteread, Rosemarie Trockel, più incentrate sulla materialità piuttosto che femminilità, e visionarie Pipilotti Rist o Nathalie Djurberg. Insomma, un sintetico, superficiale excursus su tante prime donne sulla luna.