Chiude Adam Wild

Adam Wild

Continuo a ricevere messaggi su Adam Wild, di cui vi ringrazio. Devo un chiarimento in sintesi: 1. Si concluderà con il n.26? Sì. 2. Vendeva troppo poco? Sì. Meno di tutte le mie serie precedenti. D’altro canto è oggi difficile fare paragoni con il passato ( se paragoniamo le vendite dei dischi e quelle dei libri tra i decenni passati e oggi, è un funerale) . Diciamo che attualmente la soglia di sicurezza per i fumetti Bonelli è sopra le ventimila copie mensili. Sotto, scatta l’allarme. Soglie molto più basse di quanto non accadesse in passato. 3. Potrebbe esserci un’inversione di tendenza? Dipende dai lettori. In altre serie è capitato che si sia bloccata la produzione e poi la si sia riaperta perché la serie è risalita uscendo dalla zona pericolo. (Dal profilo Facebook di Gianfranco Manfredi, autore e ideatore di Adam Wild)

La notizia è della scorsa settimana e – come vedete – è stata confermata da Gianfranco Manfredi in persona.
Adam Wild, la saga d’avventura di Bonelli Editore, ha avuto una vita breve, ma intensa.
Ne ho letti solo alcuni numeri, trovandoli in media di qualità piuttosto alta. Le storie sono intriganti, l’ambientazione (perlopiù africana) è eccezionale, il personaggio, pur essendo essenzialmente un “bonellide”, è affascinante e ben caratterizzato.
Le mie sensazioni non sono fuori dal coro: sui gruppi Facebook dedicati ai fumetti e alle graphic novel si parla bene di Adam Wild.
E allora perché chiude?

Perché vende poco.
Ventimila copie al mese, quantità ritenuta non conforme alle aspettative della casa editrice.

Perché vende poco?
Perché i lettori italiani sono affezionati alle vecchie testate del medesimo genere (quello avventuroso), da Tex (a mio parere obsoleto e noiosissimo) a Zagor (che in silenzio e senza proclami pomposi sta proponendo delle ottime storie “weird”).

Come accade in altri settori affini, come per esempio quello libresco, il pubblico generalista ha una scarsissima curiosità per i prodotti nuovi e “non allineati”. Sicché il lettore medio/debole va sul sicuro e compra ciò che già conosce, senza testare qualcosa di diverso, che magari potrebbe anche piacergli.
Guardate per esempio cosa avviene nella letteratura fantasy, dove oramai le case editrici fanno la gara a pubblicare i cloni dei cloni dei cloni dei vari Hunger Games, Maze Runner, Twilight o, allontanandosi un poco dal young adult, ci propinano tutti quegli autori a cui si può appiccicare l’etichetta posticcia de “Il nuovo George R.R. Martin“.
E gli altri sottogeneri? E altri autori, che non scrivono storie di questi filoni? Mah, non pervenuti…

Potremmo quindi dire che certi titoli qualitativamente validi e a suo modo innovativi riscuotono successo tra gli appassionati e tra gli addetti ai lavori, il che però non consente un reale successo, bensì al massimo di occupare una nicchia.
Ma se l’obiettivo di una casa editrice è più ambizioso, il percorso si farà immediatamente più difficile e pieno di ostacoli.

Abbiamo già parlato di diverse volte di questo brutto fattore prevalentemente italiano che è la mancanza di curiosità e la scarsa voglia di “ficcanasare” in ciò che va oltre il mainstream, ma io di soluzione non ne ho ancora trovate.
A questo punto dubito che ce ne siano. Si può sperare nella classica botta di culo o in un passaparola tanto potente da diventare virale.

Adam cover


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(A.G. – Follow me on Twitter)

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