La donna che visse due volte (Vertigo)

Vertigo

Il guest post di oggi è il primo di una serie di articoli, molto variegati per argomento e stile, che avranno come minimo comune denominatore la città di San Francisco. Più in là capirete il perché.
Iniziamo oggi, grazie a un sapiente intervento di Davide Mana, col parlare di un cult dei cinema mondiale. Magari aggiungendo dettagli che nelle normali recensioni non avete mai letto..

( Vertigo – Guest post di Davide Mana)

A Orson Welles faceva ancora più schifo di Finestra sul Cortile.

Quando uscì nel 1958, Vertigo – qui da noi, La Donna che Visse Due Volte – non fu un grande successo.
Basato su una storia appositamente confezionata per Hitchcock da due romanzieri francesi (o forse no, a riguardo le versioni sono discordanti), girato utilizzando tecniche particolarmente costose, con una trama che combinava elementi onirici, psicanalisi e noir, a detta di molti il film non piacque perché il protagonista era troppo vecchio per risultare credibile come eroe romantico.
Di certo Hitch si convinse proprio di ciò (o gli convenne convincersene), incolpò James Stewart del fallimento del film, e non lavorò mai più con lui.
Oggi Vertigo è considerato da alcuni il miglior film del ventesimo secolo – e anche se non si arriva a simili vette di assolutismo hitchcockiano, la pellicola rientra senza fatica nei cento migliori film di sempre.

La trama è nota – Scottie Ferguson (Stewart), avvocato e ex detective della polizia di San Francisco, soffre di vertigini. Un problema che ha causato il suo congedo dalla polizia e gli ha lasciato un trauma profondo.
Scottie viene contattato da un ex compagno di università, che gli chiede di tenergli sotto controllo la moglie – Madeleine (Kim Novak) – una donna fragile e ossessionata dalla figura della propria bisnonna, morta suicida.
Ben presto Scottie si ritrova completamente affascinato da Madeleine. La segue, la pedina, la salva da un apparente tentativo di suicidio, ed intraprende con lei una relazione.
Non riesce tuttavia a salvarla da un nuovo tentativo di suicidio – la donna si lancia da una torre, dove Scottie non riesce a salire per via della propria fobia.
Seguono il processo, la lunga degenza in una casa di cura a causa di una profonda depressione, e poi finalmente il ritorno alla normalità.
Ma l’incontro con Judy (di nuovo la Novak), una donna che è una copia esatta della defunta Madeleine, costringerà Scottie a confrontarsi con le proprie ossessioni e, soprattutto, con la verità.

Vertigo 5

Hitchcock ed i suoi sceneggiatori costruiscono una storia che inganna gli spettatori almeno quanto viene ingannato il povero Scottie nella vicenda sullo schermo – è difficile, vedendo Vertigo per la prima volta, anticipare i capovolgimenti finali che il film ci riserva.

Ma è “Ossessione” la parola ricorrente nella trama di Vertigo – e in effetti per quanto sia sorretto da una trama poliziesca piuttosto solida, il film è un lungo, intricato studio sull’ossessione.
L’ossessione per le altezze, l’ossessione per la morte, l’ossessione per una donna morta (la defunta bisnonna Carlotta per Madeleine, Madeleine stessa per il sempre più sconvolto Scottie).

Il film utilizza tutti i trucchi disponibili nel catalogo – e ne inventa un paio che sono diventati dei classici.
Uno è il leggendario “dolly zoom”, un effetto di schiacciamento ottenuto accoppiando allo zoom dell’obiettivo una carrellata all’indietro – i fa di Sam Raimi lo conoscono bene, per l’uso frequente nella serie Evil Dead, ma fu per questo film che la tecnica venne adottata la prima volta (dando origine ad una delle scene più costose mai girate all’epoca – circa 10.000 dollari al secondo).
I colori sono strettamente codificati – i grigi e i bianchi per gli abiti della fantasmatica Madeleine, i verdi utilizzati per suggerire uno stato allucinatorio o una infrazione alla realtà.
Non mancano i riferimenti subliminali – torri, grattacieli, alberi ad alto fusto, vennero inseriti da Hitchcock come ovvi riferimenti fallici. Il più spettacolare di questi è naturalmente la frequente presenza sullo sfondo della Coit Tower (un nome che è tutto un programma), ben visibile nelle scene in cui Scottie abbraccia Madeleine o Judy.
E poi naturalmente la musica di Bernard Herrman, ricorsiva e spirale come i titoli disegnati dal leggendario Saul Bass.

Vertigo 4

Vertigo è un film diretto da un regista che, lavorando all’interno del sistema Hollywoodiano, costruisce una pellicola personale e che non si cura affatto delle aspettative del pubblico – rischiando il fallimento e le ire dei censori.
La natura sostanzialmente morbosa della trama mandò naturalmente in fibrillazione l’ufficio Hays, e la casa produttrice subì pressioni per tagliare o smorzare gli elementi scopertamente erotici della pellicola, ed alla fine venne addirittura appiccicato un finale aggiuntivo, in cui gli spettatori vengono rassicurati del fatto che tutti i malvagi sono stati puniti.

E James Stewart?
È davvero troppo vecchio per reggere una storia di passione folle con la bionda o bruna a seconda dei casi) Kim Novak, che ha esattamente la metà dei suoi anni? O si trattò solo di bacchettonaggine spinta del pubblico?
A rivederlo oggi, il divario di età fra i due protagonisti serve a rafforzare ulteriormente la natura morbosa della relazione – Scottie è un uomo in preda a una sbandata per una ragazza che potrebbe essere sua figlia, e che lui è convinto essere la reincarnazione di una morta (o se non lo è, lui è ben deciso a fare in modo che lei si comporti come tale). Stewart è perfettamente credibile come uomo che ha mollato ormai gli ormeggi dalla realtà, ha una vena sinistra assolutamente perfetta per la parte, e nel confronto finale con Judy riversa sulla donna (e sullo spettatore) una carica di violenza repressa e frustrazione che ha un impatto quasi fisico.
Se Hitch voleva dare una scrollata ad un pubblico letargico, gli elementi ci sono tutti.

Vertigo 3

E poi, certo, come osservò Roger Ebert nel 1996, Vertigo è un film su Hitchcock, sulla sua ossessione per le donne – sulla sua ossessione per il controllo assoluto sui personaggi femminili: Scottie perde la donna che desidera e allora ne cerca un’altra per trasformarla nell’oggetto dei suoi desideri… o in una copia sufficientemente prossima all’originale.
Sono ampiamente documentati i casi nei quali, nei suoi film, Hitchcock umiliò e traumatizzò le proprie attrici – e Judy/Madeleine è probabilmente la summa di ciò che una donna doveva passare lavorando con Hitch.
E il fatto che tutte le protagoniste femminili di Hitchcock fossero copie di un unico modello ideale è abbastanza ovvio a qualunque spettatore.
All’epoca, Kim Novak venne criticata per le sue movenze rigide – e d’altra parte, il suo è un personaggio che è travolto dall’ossessione, e schiacciato dalle aspettative altrui. Ci si domanda cos’abbia dovuto passare per interpretare quella parte.

Alla fine Vertigo è, paradossalmente, la storia di Madeleine – un personaggio che noi in realtà non vediamo mai, ma che domina, ossessiona, travolge e schiaccia ogni altro personaggio nel film.
Madeleine è l’ossessione, e l’ossessione è la vera protagonista del film.

La Coit Tower di San Francisco.

La Coit Tower di San Francisco.

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Guest post di Davide Mana
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