di Pino Farinotti / da mymovies.it mercoledì 20 febbraio
Non conoscevo Scola nel 2002, quando ero membro della Commissione consultiva del cinema, l’ente che finanzia i film, e mi spesi per il suo Gente di Roma. Il titolo non fa parte delle sue opere migliori e nella riunione ci fu dibattito. Un argomento era “diamo un contributo a un vecchio maestro, che il meglio lo ha già dato, magari a scapito di qualche giovane di talento”. L’argomento era ineccepibile e legittimo. Ma anche il mio lo era: “uno come Ettore Scola lo sostieni ‘comunque'”. Arrivammo a un compromesso. Sia Scola che il giovane.
Il suo impegno era sulla Storia italiana, attraverso un rigore mai cattivo, dove tutto si stempera, in gran parte grazie all’ironia, pur rimanendo univoco ed efficace, e provocatorio.
Pino Farinotti
Anni dopo ho poi conosciuto il Maestro a una cena e mi interessò il suo modo di porsi… sottotono, con quella sua cadenza romanesca che rallentava tutto. Certo, è stato un grande. Veniva dalla strepitosa radice del cinema italiano, il realismo che si sarebbe evoluto nella “commedia”. Roba che il mondo ha cercato di imitare, senza riuscirci. Era un uomo colto e possedeva un’attitudine rara negli autori di cinema, sapeva scrivere. Ma sapeva anche che non poteva fare tutto da solo, e che se si sposava a gente come Age e Scarpelli, il film sarebbe riuscito meglio. Il primo esercizio di Scola è dunque la scrittura: collabora con Giorgio Bianchi nelConte Max, con Risi Nei Mostri e nel Sorpasso, con Pietrangeli in Io la conoscevo bene. Scrittura e cinema di grande sostanza. E poi la sua prima regia, Se permettete parliamo di donne, mattatore Vittorio Gassman, che ha sempre dichiarato di nutrire una passione particolare perEttore Scola.
Da allora l’autore ha espresso, attraverso tanti film, il proprio impegno e la propria cultura. Il suo impegno era sulla Storia italiana, attraverso un rigore mai cattivo, dove tutto si stempera, in gran parte grazie all’ironia, pur rimanendo univoco ed efficace, e provocatorio. A Scola interessava l’evoluzione, che quasi sempre significa declino, come per l’ideologia, la sua, che era di sinistra. Da cineasta filtrava spesso le vicende attraverso il cinema. Dal suo percorso, lungo e vasto, estraggo un modello quasi onnicomprensivo: C’eravamo tanto amati. E’ la storia di tre amici che hanno fatto la resistenza: Antonio (Manfredi) è un portantino che si batte per la gente, divide tutto con tutti, il comunista generoso – mette tutto in comune, appunto -. Nicola (Satta Flores) è un radicale arrabbiato, professore frustrato sempre in lotta col mondo, vive di astrazioni e di pronunciamenti che finiscono sempre nel nulla. Gianni (Gassman) ha tradito l’identità iniziale, le premesse e le promesse: è diventato ricco. Durante il film la storia incappa in Fellini che sta girando la sequenza della fontana di Trevi con Mastroianni e la Ekberg. Si assiste a un intervento di De Sica che racconta come, girando una scena di Ladri di biciclette fece piangere il bambino Enzo Staiola mettendogli in tasca delle cicche di sigaretta. I film di Scola sono una chimica fra il racconto magnifico, alla Risi– Monicelli–Comencini, e l’indicazione di opera d’arte generale, alla Fellini–De Sica–Rossellini–Visconti.
Tutto questo è Ettore Scola. E non ho imbarazzo a dire una formula semplice. Uno così non ce l’abbiamo più.