l’ULTIMA RUOTA del CARRO di VERONESI //// Alessandro HABER riprende Mario SCHIFANO

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“La ricchezza per elevarsi ha bisogno dell’arte. Altrimenti sono solo soldi”. Questa è una delle citazioni che Alessandro Haber, con il modo un po’ rude e diretto tipico dell’artista, enuncia al protagonista. Ne L’ultima ruota del carro, l’ultimo film di Giovanni Veronesi, prende vita questo personaggio particolare, diverso da tutti, che compare e rimane nella vita di Ernesto, il protagonista, interpretato da Elio Germano. Ernesto è un uomo normale, con una vita intensa, ma con un percorso già definito. In questo percorso compare un personaggio di rottura. È Haber che interpreta “l’artista” dagli occhi lucidi e profondi, dalla voce roca e importante, dallo sguardo malinconico e sofferto. E questo personaggio, di cui non sapremo il nome, ma di cui basta la prima sequenza a capirne il riferimento, altro non è che uno dei grandi maestri dell’arte contemporanea che hanno fatto la storia, sia per le opere  che ha realizzato, sia per il personaggio che ha rappresentato, un po’ maledetto e tormentato, fino alla sua morte. Solo quando questa persona scompare, una radio in sottofondo annuncia “la scomparsa del grande maestro della Pop art italiana”. Haber interpreta dunque Mario Schifano. E lo si intuisce dalla prima apparizione: Ernesto entra in un grande loft colmo di tele dipinte, e un uomo va avanti e indietro in bicicletta, passando davanti a delle opere con grandi scheletri neri disegnati su sfondo bianco. Schifano nella sua Villa di Roma andava in giro in bicicletta. Era un uomo con una grande sensibilità, dettaglio di cui Ernesto si accorge, e per questo, oltre che essere la persona fidata – Ernesto fa il trasportatore di mestiere- che consegna i suoi lavori a ricchi e odiosi clienti, che per un quadro del maestro spendono milioni e ricevono insulti, ne diviene amico. Perché tanto da quell’artista anche un’offesa è un onore, secondo la società ricca e un po’ viziata che può permettersi quelle opere. Haber/Schifano rappresenta dunque un valore aggiunto nella vita del protagonista che lo ascolta e lo osserva nei suoi momenti malinconici, tra cibo mangiato con le mani, alcol e cocaina in un angolo, ma anche creazione, movimento, passione e colore. Un artista puro che gli ha insegnato che il vero valore non è nel denaro, ma in quello che fai. C’è un dettaglio particolare, una scelta del regista forse: le opere citate nel film, quelle create da Haber maestro, non sono lavori simili a quelli di Schifano, ma sono opere riconducibili alla Transavanguardia italiana (la corrente successiva alla Pop, negli anni ’80). Molti elementi sono ripresi dai lavori di Mimmo Paladino, o Nicola De Maria. Dunque l’arte contemporanea per Veronesi è un buon veicolo per una breve evasione. Evasione che molti autori utilizzano nei film. Un esempio recente e importante è ne La grande bellezza. Sorrentino è attento all’arte contemporanea, la osserva con molta ironia, e la inserisce più volte nel suo film. Attraverso la performer che utilizza il suo corpo come mezzo di comunicazione, davanti a un ristretto gruppo di fan che la guardano auto infliggersi del dolore. O l’artista fotografo che mostra una vita di autoscatti, bellissimi da ammirare tutti insieme all’interno da una struttura che ricorda un anfiteatro romano. O ancora i genitori che sfruttano le doti di una bambina “sensibile” che butta colore stile Pollock durante una festa di super ricchi romani. E basti pensare, tornando indietro nel tempo, a due grandi autori del nostro cinema, Antonioni e Fellini, che citano all’interno di due capolavori, La notte e La dolce vita, due dipinti di Giorgio Morandi, riprendendoli all’interno di case di personaggi importanti, per rappresentare uno status preciso. Quello status che Ernesto ne L’ultima ruota del carro non possiede, ma che coglie grazie a un’amicizia diversa. Del resto arte e cinema coincidono quasi sempre. ( da Mymovies.it, martedì 17 dicembre 2013).

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