È una limpida mattina di aprile a Washington, quando un Jumbo di linea dirottato da terroristi della Jihad islamica viene fatto esplodere con un ordigno nucleare proprio sopra la Casa Bianca. Il Presidente si salva, ma solo per scatenare una erronea e fatale rappresaglia che dà il via a una guerra atomica breve ma micidiale, che solo negli Stati Uniti provoca cinquanta milioni di morti. In Israele, però, c’è ancora qualcuno che è al corrente di un incredibile progetto segreto sepolto sotto le rovine della sede centrale della CIA a Langley, un progetto che potrebbe consentire agli Stati Uniti e al resto del mondo di tornare a vivere in pace. Ha dunque inizio l’Operazione Spareggio, e il disperato viaggio di un pugno di uomini pronti a tutto pur di riuscire in una missione dalla quale non vi sono speranze di ritorno.
Quella che avete appena letto è la sinossi italiana di The forty-minute war, romanzo del 1984, di Janet e Chris Morris, uscito il dodici ottobre del 1986 per Urania. Il titolo, per una volta, è stato tradotto con coscienza: La guerra dei quaranta minuti.
La peculiarità di questo romanzo non è tanto nella trama, pur trattandosi di una storia molto godibile e divertente, bensì delle strane coincidenze della medesima con fatti reali avvenuti ventisette anni dopo la pubblicazione del libro.
Innanzitutto spendiamo qualche parola sugli autori, quasi sconosciuti nel campo della letteratura.
Janet e Chris Morris sono rispettivamente il presidente e il vicepresidente dell’azienda di armi non letali e di software bellico M2 Technologies. Molti dei progetti sviluppati da Morris & Morris sono stati venduti alle forze armate americane, alla DARPA, e a diversi dipartimenti di polizia degli USA.
I due, marito e moglie, sono anche membri del consiglio per la Strategia Globale Americano (Janet) e del Consiglio di Sicurezza Americano (Chris).
Negli anni ’90, abbandonata la fugace carriera di romanzieri, i Morris si occupavano di nuovo delle solite faccende. Ovvero di ricerche quali “la promozione di tecnologie di “psico-correzione” sviluppate da uno scienziato russo, tecnologie intese a influenzare le menti tramite messaggi subliminali nascosti in suoni o immagini” (da un articolo apparso sulla rivista Scientific American del 1994).
Appare dunque molto singolare la carriera dei due Morris, così come suona bizzarra la scelta di dedicarsi alla fantascienza bellica per un singolo romanzo dalla trama piuttosto curiosa.
Ecco, alla luce di tutto ciò pare un poco inquietante la coincidenza riguardante la storia narrata nel libro e quanto è accaduto nella nostra realtà, l’undici settembre del 2001, a New York.
I cospirazionisti hanno ricamato la solita ragnatela di teorie strampalate che tendono a esagerare i presunti messaggi nascosti dietro La Guerra dei quaranta minuti. La versione più acclamata racconta che i Morris, già a conoscenza di eventuali piani dei servizi di intelligence per simulare un incidente terroristico sul territorio degli Stati Uniti, abbiano voluto romanzare il tutto, magari per lasciare un indizio comprensibile soltanto molti anni più tardi, a cose fatte.
Nella loro storia l’attacco terroristico è reale, non simulato, ma la questione dell’aereo dirottato e fatto esplodere, con tanto di ordigno nucleare, sulla Casa Bianca, richiama una modalità di attentato inedita (e forse impensabile) per il 1984.
Fino al fatidico 11 settembre 2001 era infatti opinione comune che un attacco a una superpotenza potesse essere organizzato e portato unicamente tramite l’impiego di missili balistici, o quantomeno di artiglieria pesante. Da qui la necessità di progetti di difesa aerospaziale e simili. Il terrorismo era visto più come un’arma atta a colpire singole persone, o magari piccoli gruppi, come avveniva in Israele e in alcuni paesi arabi.
L’aspetto profetico del romanzo è quindi, lo ribadisco, proprio questo: ipotizzare un attacco dall’interno, evitando così tutte le contromisure militari pensate per un attacco su larga scala. Difese che Morris elencano all’inizio del libro, con cognizione di causa.
Consideriamo poi che il 1984, anno di scrittura de La Guerra dei 40 minuti, fu un anno di intensa Guerra Fredda, col boicottaggio sovietico delle olimpiadi di Los Angeles e una dura contrapposizione tra i due blocchi, che in quel periodo si parlavano a stento, e soprattutto non contemplavano la riduzione dei rispettivi arsenali nucleari. L’attenzione mondiale era dunque concentrata sul braccio di ferro tra USA e URSS, e ciò ha lasciato in secondo piano il terrorismo islamico, che però già viveva un suo intensificarsi. Basti pensare a ciò che avveniva in Libano, ma anche a Israele, che si trovava coinvolto in uno scontro serrato (ma assai poco “pubblicizzato”) con la Siria.
Nello scenario dei Morris è proprio la Jihad a fare da innesco per un tremendo incidente nucleare tra i due blocchi.
Anche in questo caso non si tratta di una premonizione, come amano credere gli amanti delle cospirazioni, bensì di un’ipotesi geopolitica realizzatasi solo in parte.
Al netto di quest’analisi razionale La Guerra dei quaranta minuti non risulta dunque essere una sorta di ammissione di colpa di un finto attentato terroristico che la CIA avrebbe organizzato quasi 30 anni dopo la pubblicazione del libro. Tuttavia potrebbe benissimo trattarsi di uno degli scenari studiati dagli analisti della Difesa statunitense, un’ipotesi di ciò che, secondo le conoscenze politiche, strategiche e sociali del 1984, sarebbe potuto avvenire in futuro.
E che, per fortuna in proporzione minore, è avvenuto.
Se volete potete trovare copie invendute del romanzo (in versione italiana), anche su Amazon.
Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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