Ho perso il 90% della memoria

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Due settimane fa è accaduto l’inevitabile patatrac che capita con una certa regolarità a chi lavora molto (o moltissimo) con computer, tablet, smartphone e simili device elettronici: mi si è fuso il portatile.
Portatile che, da quattro anni a questa parte, era il mio supporto principale per scrivere, per gestire blog, social network, così come archivi di foto e documenti fiscali e di home banking.
Ho recuperato il recuperabile (poco) e – soprattutto – sono riuscito a salvare i file più importanti, opportunamente caricati su Google Drive, e quindi gestibili su qualunque altro supporto informatico in mio possesso.
Tra i file messi al sicuro ci sono quelli relativi a tasse, rendicontazioni bancarie, qualche foto esistenti in copia singola, parte dei miei file di scrittura e relative conversioni in formato ebook.
Ciò che ho perso è però assai consistente.

Senza tediarvi troppo, vi dico che tra i file persi per sempre ci sono un paio di gigabyte di foto, altrettanti di filmati e video, una trentina di racconti incompiuti (che però, a essere onesti, credo sarebbero rimasti tali per sempre), alcuni miei romanzi editati e fortunatamente già pubblicati, un centinaio di articoli in formato Word, risalenti ai tempi del vecchio Blog sull’Orlo del Mondo, qualche scansione personale e una trentina di ebook (non miei) in formato ePub e… beh, altro.

Una decina di anni fa mi era capitato un incidente simile, salvo che allora non avevo nessun account di cloud, quindi ciò che avevo salvato era su chiavette USB e DVD.
Ecco, dieci anni fa presi questo evento come un lutto, o comunque alla stregua di una perdita molto grave, che mi lasciò nervoso e intrattabile per oltre una settimana.

A questo giro, vi dirò, non me ne è fregato quasi nulla.
L’unica cosa veramente fastidiosa è stata quella di dover recuperare un nuovo terminale, cosa fatta repentinamente, perché col tablet, per quanto ottimo, non mi sento operativo al 100%.
Per il resto, dopo aver fatto il possibile per recuperare quanti più dati dal notebook appena trapassato nel paradiso del silicio, non ho versato alcuna lacrime.
L’ho presa molto sportivamente.

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Forse questa reazione serafica, estremamente differente da quella del lontano 2007, è dovuta alla maturata accettazione di un fatto inevitabile e non più mutabile.
Ma io credo ci sia dell’altro, e tutto questo lungo preambolo mi è servito per arrivare a questa considerazione: nell’epoca in cui i nostri beni digitali si appoggiano sempre più frequentemente alla tecnologia del cloud, la smania di possesso è un sentimento inutile e obsoleto.
Non solo: la frenesia con cui dati e informazioni viaggiano sul Web rende quasi tutto sostituibile, o comunque trascurabile.

Del resto basta prestare un po’ di attenzione a ciò che scarichiamo durante una normale settimana trascorsa online: foto, immagini, mp3, film, video, ebook. Quantità sempre più elevate di file, che raramente abbiamo poi modo di utilizzare, o che utilizziamo una volta (esempio: la visualizzazione di una foto), salvo poi scordarcene.
Questo discorso si riallaccia, tra le altre cose, al motivo per cui è oramai inutile distribuire ebook o mp3 gratuitamente. Essi finirebbero nel mare magnum di file scaricati in una sorta di automatismo quotidiano, senza però generare un reale utilizzo, e quindi senza trasformarsi in eventuali feedback (pubblicità, recensioni o altro).

Il tutto rende un poco risibile una delle tesi dei luddisti che individuano nel “non possesso” uno dei difetti congeniti degli ebook.
Se da una parte è vero che alcuni libri sono piacevoli da collezionare in formato classico (cartaceo), è altrettanto vero che quasi tutte le storie scritte (romanzi, racconti, saggi etc) non sono necessariamente legate a al possesso fisico, materiale.
Innanzitutto è obiettivamente più comodo averli a disposizioni su molteplici device, proprio grazie alla condivisione in cloud. C’è poi un grande risparmio di spazio, nel non-possesso. E, almeno per quanto mi riguarda, non ho grandi preoccupazioni riguardo alla tanto paventata inconsistenza tattile di un file.
Se non lo tocco non è mio!
Un’affermazione che, per quel che mi riguarda, è solo un atteggiamento mentale che nel giro di una quindicina di anni sarà desueto.

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(Articolo di Alex Girola – Seguimi su Twitter)

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