Nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare del nuovo megastore Mondadori, in centro a Milano.
Presentato in pompa magna perfino dai TG di casa Biscione, è stato lodato per la sua disposizione su tre piani, per il design moderno, per l’ampio spazio dedicato ai lettori ereader, per la multimedialità.
L’AD di Mondadori retail, Mario Maiocchi, ha individuato in queste linee guida l’apertura del megastore: “Sviluppo dell’offerta, esperienza di acquisto, valorizzazione del prodotto, servizi, comfort dell’ambiente.” (Ci torneremo a brevissimo).
Io che a Milano ci lavoro non ho potuto fare a meno di dare un’occhiata a questo mirabolante spazio dedicato a un mix di tecnologia e cultura.
Che impressione ne ho ricavato?
Pessima.
Innanzitutto i tanto citati tre piani occupano uno spazio striminzito.
Il design degli interni è effettivamente curato e ben realizzato, ma si sposa con una pochezza di contenuti a dir poco imbarazzante.
Il tanto declamato “comfort dell’ambiente” assomiglia in realtà più a una ricercatezza in chiave moderna e ed elegante degli interni. Di comfort però ne ho visto poco: non ci sono le tipiche poltroncine di lettura, tanto per dirne una, né i punti dove è possibile ascoltare un assaggio dei CD in vendita.
E questa è – naturalmente – solo la punta dell’iceberg.
Di libri ce ne sono pochi. I best seller, gli ultimi titoli di grido, una discreta collezione di graphic novel (questo è positivo), qualche edizione tascabile di noti classici.
Lo spazio riservato agli editori di medio/piccolo cabotaggio è inesistente, mentre a rappresentare la narrativa di genere troviamo il settore dedicato genericamente ai thriller e diversi scaffali per i romanzi young adult.
Fine del reparto libri, più o meno. Una pochezza inquietante.
Gli ereader in vendita sono unicamente Kobo, prodotti d’importazione brandizzati Mondadori (e a mio parere molto meno versatili di altri lettori).
C’è poi un ampio spazio riservato a cellulari, tablet e simili device. Il megastore è più roba loro, che non dei libri. Quest’ultimi sembrano quasi nascondersi, come se creassero disagio o imbarazzo a un cliente casuale.
Questo è dunque lo “sviluppo dell’offerta” di cui parlava Maiocchi? O forse siamo nel campo della cosiddetta “esperienza dell’acquisto”? Che cosa vorrà mai dire poi? Io pago e compro… non è che devo avere un orgasmo nel mentre.
Forse non c’entra nulla, ma il fatto che il più nuovo megastore Mondadori sia stato progettato con una tale impostazione la dice lunga su come e quanto sia messo male il campo letterario in Italia.
Mi basta fare il confronto con qualunque grande store del medesimo settore visitato negli USA, a Londra, Copenhagen, Barcellona o perfino in Turchia per provare il disperato bisogno di piangere.
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