Vincent Books è un piccolo editore che da qualche mese sta proponendo delle novelette del fantastico nel solo formato cartaceo, vendendole (per ora) non su Amazon, bensì sul proprio store, a prezzi competitivi con quelli degli ebook.
Si tratta di una scelta controcorrente, quantomeno interessante, che finora ho seguito con un occhio di riguardo.
La collana in questione è la Miskatonic. In catalogo troverete autori molto diversi tra loro, e questo in fondo è un bene, perché la varietà è sinonimo di ricchezza.
Io, per esempio, non amo lo stile di Pietro Gandolfi, ma ho apprezzato i libricini (nel senso “fisico” del termine) di Maico Morellini, di Luigi Musolino e, ultimo ma solo in ordine cronologico, di Andrea Berneschi.
Trattasi di un racconto che, come capirete, mi interessa da vicino: Il Cimitero dei Kaiju.
Quando è iniziata la fine? Nessuno se lo ricorda con precisione, ma l’unica cosa certa è la distruzione portata dagli Asura, mastodontiche e splendide divinità quadribraccia della mitologia indiana. Arrivati non si sa da dove, con l’aiuto dei fedeli Shisa – i mitici cani-leone guardiani dei templi cinesi – hanno messo il mondo a ferro e fuoco e seminato morte ovunque. Ultimo baluardo di un’umanità decimata e stremata dalla fame, dalle malattie e dai tremendi tumori che la guerra ha portato con sé, sono degli esseri grotteschi e deformi che un tempo, forse, erano uomini.
Sullo sfondo di un’Italia devastata, va in scena la vicenda di Wernika, il cui solo scopo ormai è quello di raggiungere un luogo leggendario chiamato Il Cimitero dei Kaiju.
Ci riuscirà?
Un anno fa qualcuno, su Facebook, mi suggerì di adottare il soprannome “King of Monsters”, lo stesso di Godzilla, perché in Italia sono stato tra i primi, se non IL primo a scrivere racconti e romanzi di kaiju.
In un momento di vanagloria ho deciso di adottare questo titolo, che infatti trovate sotto il mio vero nome, sul mio profilo Facebook.
Ma il titolo di King of Monsters, oltre a essere un anelito di sboronaggine e di vanità, comporta anche delle responsabilità (o almeno così l’ho inteso io). Da quando l’ho adottato mi sono preso la briga di fare da osservatore, di tenere d’occhio tutti i pochi, intrepidi autori italiani che intraprendono la via dei kaiju.
No, non è facile scrivere storie di mostri giganti, perché il rischio di sfornare cazzate è dietro l’angolo. E se lo si fa non è che poi ci si salva dicendo che è una scelta voluta, che è uno stile “pulp”.
Il Cimitero dei Kaiju, di Berneschi, è un ottimo racconto.
Apocalittico, disperato, ma anche ricco di sense of wonder e di trovate molto interessanti.
I kaiju di questa novelette sono molto diversi da quelli di cui finora ho scritto io, nei miei romanzi e racconti, e questo è un bene. Lo è perché, come già dicevo a inizio post, la varietà costituisce una ricchezza.
Un Asura.
Gli Asura che hanno devastato il nostro mondo, inutilmente combattuti da kaiju biomeccanici creati dall’uomo, sono creature possenti e dotate di una mostruosa bellezza.
Sono loro, più di ogni cosa, ad avermi conquistato, in questa novelette. Tanto che vorrei leggere altro su questi esseri, magari in un prequel o in uno spin off de Il Cimitero dei Kaiju.
Intanto vi consiglio di recuperare questo volumetto, ordinandolo qui.
Nota a margine: la lettura mi ha spinto ad accelerare i tempi, così ho iniziato a scrivere il terzo racconto del ciclo narrativo Kaijumachia, che mi sta regalando tante soddisfazioni.
Così, dopo I Mostri di Roma e Tigre Blu, avrete modo di leggere Il Sussurro della Sfinge.
La strada dei Kaiju è sempre aperta.
Io continuo a percorrerla a mio rischio e pericolo…
La Tigre Blu, dall’omonimo racconto.
(Articolo di Alex Girola – Seguimi su Twitter)
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