Il fan medio di Howard Stern

“L’ascoltatore medio rimane sul programma per diciotto minuti, il fan medio di Howard Stern lo ascolta per un’ora e venti minuti.”
“Ma come è possibile?”
“La risposta più comune che danno: voglio vedere cosa dirà dopo.”
“E va bene, d’accordo, perfetto. Dimmi un po’: e le persone che odiano Stern?”
“Buona domanda. L’ascoltatore che odia Stern lo ascolta per due ore e mezza al giorno.”
“Scusa, ma se lo odiano allora perché lo ascoltano?”
“La risposta più comune: voglio vedere cosa dirà dopo.”

Questo è probabilmente il mio lancio preferito della mia trasmissione preferita, La Zanzara, di Radio 24.
Da mesi non mi perdo una puntata, anche se 9 volte su 10 la sento in podcast di notte, complice l’insonnia cronica di cui soffro dalla fine del 2015.
La frase è una citazione di Private Parts, film tratto dall’omonimo romanzo del più famoso e irriverente speaker radiofonico degli USA, Howard Stern.

Stern deve il suo successo al modo aggressivo, irriverente, spesso sboccato e sempre politicamente scorretto con cui conduce i suoi programmi. Idem per gli show televisivi in cui è stato coinvolto, e che hanno sempre registrato ascolti stellari. Solo ultimamente Stern si è dato una (parziale) calmata, soprattutto perché è diventato più mainstream, tanto da finire a lavorare come giudice ad America’s Got Talent.
Ma a me piace parlare del primo Stern, quello che macinava argomenti di ogni genere con una padronanza assoluta del mezzo radiotelevisivo.

Nel suo show Stern passava dal discutere fatti di attualità e di politica al discernere di tematiche borderline: prostitute, ritardati mentali, razzismo, peti, piscio, sessualità estrema, nequizie varie. Stern ne parla facendo sfoggio di sarcasmo, di humor grezzo e pesante, che attira in maniera paritaria odio e tifo da parte dei fan più accalorati.
Intendiamoci: l’umorismo di Stern può essere davvero indisponente, se siete persone sensibili, o comunque dotate di quei particolari scudi mentali che vi impediscono di ridere di certe cose.
Eppure la forza della comunicatività del buon Howard sta tutta nella scelta di non porre limiti al linguaggio e al modo di esprimersi. Con una determinante in più: Stern – nonostante questa scurrilità estrema – è in grado di intervistare personaggi di rilevanza nazionale in modo originale, ficcante, interessante.

Proprio La Zanzara ha dato modo agli italiani di avere il suo (nostro) Howard Stern. Parlo ovviamente di Giuseppe Cruciani, che conduce con successo questo programma radiofonico.
Cruciani ha evidentemente studiato da Stern, e lo ha fatto molto bene, adottando le stesse strategie comunicative, fatte di provocazioni, di estrema, brutale sincerità, e di quella capacità di passare da argomenti volgari e leggeri ad altri importanti.

A me Cruciani piace parecchio, anche se non condivido molte delle sue posizioni ideologiche (ammesso che siano tutte quante vere, e non anch’esse parte di una tattica di comunicazione aggressiva). Avere una spalla complice come l’ottimo Parenzo completa l’opera, regalando agli ascoltatori due ore di show migliori di tutto ciò che offre la TV italiana.

Leggendo qua e là post e commenti su La Zanzara ho notato che Cruciani ha moltissimi haters, gente che lo lincerebbe volentieri, se se lo trovasse davanti per caso. I suoi odiatori più feroci appartengono a categorie spesso prese di mira da Cruciani, e che solitamente vengono identificate con caratteristiche tipiche del pacifismo e della civile convivenza: animalisti, vegani, ultra-cattolici etc etc.
Il capolavoro degli speaker come Stern e Cruciani sta proprio in questo, ovvero nel modo in cui riescono a far cadere in contraddizione quelle persone che si lanciano in ogni discussione da un presunto piedistallo di superiorità morale. Ed è effettivamente bellissimo vedere un moralista che sbrocca e si trasforma in un barbaro con la bava alla bocca.
Ovviamente il rovescio della medaglia di tale strategia è proprio l’esposizione mediatica estrema a cui questi anchorman sono sottoposti (su loro volontà, eh).

Anche la blogosfera ha visto spesso fenomeni simili, limitati alla parola scritta, ma non per questo meno incisivi. Io stesso ho assistito molto da vicino alle parabole degli Howard Stern della blogosfera italiana, vivendo sentimenti contrastanti: odio, interesse, curiosità, disgusto. Eppure, in ogni caso, la costante era proprio quella della citazione di inizio post: io continuavo a seguire questi blogger, anche i più odiosi, per scoprire cosa avrebbero detto “dopo”.

Ma si può condurre a lungo un media in modo così aggressivo? L’esperienza di Stern ci fa supporre che sì, si può andare avanti anche per anni a fare i provocatori, ma probabilmente non lo si può fare per sempre. Un po’ per un problema di pressione psicologica, un po’ perché alla lunga anche l’eterna provocazione diventa prevedibile.

La morale della favola è che a volte essere odiosi paga, ma non è un lavoro facile come sembrerebbe a una prima, superficiale valutazione.


(Articolo di Alex Girola – Seguimi su Twitter)

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