Il Mangianomi e un altro modo di scrivere fantasy

Il Mangianomi

De Il Mangianomi avevamo già accennato nel mio super-special sul fantasy italiano.
Vale tuttavia la pensa spendere un articolo dedicato unicamente a questo romanzo, scritto da Giovanni De Feo, e di cui si è parlato troppo poco (quando invece si è parlato fin troppo ai autori come la Troisi e la Strazzulla).
Il Mangianomi è un fantasy fuori dai canoni, ambientato in un generico sud Italia (siamo dalle parti del “Regno di Campania”), in un altrettanto generico Rinascimento.
L’impianto del romanzo appare a metà tra la fiaba in stile fratelli Grimm e un racconto fantastico della scuola mediterranea, che oramai è quasi del tutto estinta e dimenticata Non che abbia mai vissuto tempi felicissimi, purtroppo.
Tra misteriose minacce di origine soprannaturale che “mangiano” l’identità di cose, persone e animali, lupouomini, foreste maledette e un giovane, fallibile eroe che si avvale dell’aiuto di tre particolarissimi cani da caccia, il romanzo scorre via che è un piacere.
Il fatto che sia diviso in due parti conseguenziali ma quasi del tutto autoconclusive risulta singolare, ma funziona.

Una terribile minaccia insidia il Ducato di Acquaviva: è il Mangianomi, una creatura misteriosa e inafferrabile che si aggira nel buio rubando a qualunque cosa il proprio nome. In breve tempo uomini, donne, bambini, animali, ma anche torri, foreste e paesi interi vengono ridotti a vuoti gusci irriconoscibili. L’unica speranza per gli abitanti del Ducato è rivolgersi a Magubalik, un giovane e solitario cacciatore dall’abilità leggendaria, perché sconfigga il temibile mostro. Ma il compito si rivelerà arduo persino per lui, e la caccia al Mangianomi si trasformerà da una pericolosa avventura a una discesa agli inferi, in un’odissea alla ricerca di se stesso.

In questi ultimi due mesi abbiamo tanto parlato dell’abuso di certi stereotipi fantasy, e di quanto questo genere possa funzionare bene (anche) senza elfi, nani, hobbit e maghi in stile Gandalf.
Il Mangianomi è un’ottima dimostrazione della veridicità di tale affermazione.
De Feo parte da una “simil-realtà” – come dicevo la storia è ambientata in un’Italia fittizia e in un contesto vagamente rinascimentale – e ne ricava un sub-mondo di fantasia che dimostra avere più elementi di originalità rispetto ai millemila cloni di Tolkien e Martin che stanno uscendo in questi 15-20 anni.

Un altro elemento che ritengo positivo è il linguaggio adottato dall’autore, che si è sforzato nell’inventarsi alcuni termini appositamente pensati per la sua storia. Si va dal Mangianomi stesso, al Balisto (il governatore) di Acquaviva, ai Contaombra. Piccoli tocchi di stile che denotano una cura del testo, un world building leggero ma curato.

Il romanzo risulta gradevole sia ai ragazzi (i famigerati young adult) che agli adulti. La struttura è sì fiabesca, ma la storia è a tinte fosche, caratterizzata da un eroe non certo infallibile, non senza difetti, e da “cattivi” che hanno più sfaccettature e varianti rispetto al classico “oscuro signore” dei già citata cloni tolkeniani.


Le illustrazioni di Arthur Rackham ricordano le atmosfere de “Il Mangianomi”.

Ho fatto una breve ricerca, senza trovare altri titoli pubblicati da De Feo, dopo questo esordio con un’importante casa editrice come Salani. Peccato averlo perso quasi subito per strada, perché dopo di lui non ho trovato altri autori italiani con le sue peculiarità.
Ovviamente, visto i tempi correnti, è difficile che qualche editore dei nostri proponga storie del genere. Si può sperare in qualche autoproduzione, ma non occhio a quel che desideriamo, perché potrebbe avverarsi, e non piacerci affatto (alcuni fantasy/fiabeschi pubblicati in self publishing che mi è capitato di leggere sono oltre il brutto).

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