Il mulino delle donne di pietra

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Lo studente Hans Von Harnmen (Pierre Brice) conduce una ricerca monografica sull’arte popolare olandese. Il lavoro lo conduce a Gregorius Wahl (Herbert Bohem), eccentrico scultore che vive in un mulino le cui pale azionano meccanicamente un carillon costituito da riproduzioni, a grandezza naturale, di celebri eroine della storia. Oltre al fascino del bizzarro congegno, Hans subisce anche quello di Helfi (Scilla Gabel) la bellissima figlia dell’artista, che trascorre le sue giornate da reclusa tra le pareti del mulino e che si dichiara innamorata di lui. Quando questa, al termine di una notte d’amore, gli muore tra le braccia, Hans fugge terrorizzato. Al suo ritorno al mulino però, lo studente trova Helfi viva e vegeta. Sconvolto, il giovane cerca conforto nell’amicizia degli ex compagni di corso Liselotte e Raab. Ma quando Liselotte scompare, gli indizi lo conducono di nuovo al mulino di Wahl e ai misteri all’apparenza inesplicabili che sembrano celarsi al suo interno… (Fonte: Splatter Container)

Film del lontano 1960, con regia di Giorgio Ferroni, Il mulino delle donne di pietra rappresenta uno dei migliori risultati ottenuti dal cinema italiano nell’ambito del fantastico.
Il fatto che ora sia sconosciuto ai più la dice lunga su quanto il nostro paese sia incapace di recuperare e di valorizzare quanto di buono è stato fatto in passato, eccezion fatta per il trash, che stranamente trova nuovi fan anche nelle generazioni di giovanissimi.

Il mulino delle donne di pietra non è – per fortuna – un film spazzatura. Abbiamo piuttosto a che fare con una pellicola molto raffinata e visionaria, che coniuga l’horror con non pochi aneliti artistici, riscontrabili tanto nella fotografia quanto nelle citazioni sparse nella trama (oggi gli esperti li chiamano easter egg).

Il mulino delle donne di pietra

La storia richiama in modo palese al classico dello scienziato pazzo che sacrifica l’etica e non poche vite umane per preservare ciò che egoisticamente ritiene più prezioso per se stesso.
Le atmosfere sono indubbiamente gotiche, ma risultano anche impreziosite da sfumature più cupe e “carnali”, caratteristica che, negli anni ’70, si rifletterà in buona parte delle produzioni horror e fantahorror del cinema italiano.

La fotografia e la scenografia sono i due punti di maggior valore della pellicola. Colori lividi e malaticci, che si fondono con le tipiche scelte cromatiche grigio/nere del gotico d’oltremanica, riescono a creare un vero e proprio quadro vivente, una sorta di opera d’arte che richiama a Poe e a certi quadri della pittura fiamminga della vecchia scuola.

Il mulino delle donne di pietra può essere considerato anche un fantasy, soprattutto per certe scene evocative e surreali, che mi fanno venire in mente le atmosfere di giochi di ruolo quali Ravenloft e Chill. Guardate per esempio quella del “carillon umano”, e ditemi se non vi risulta ancora oggi disturbante, pur senza far uso di effetti speciali o di grafica ridondante. Considerando che sono passati 55 anni, direi che il risultato è ancora oggi da considerarsi notevole.

Fortunatamente il DVD è acquistabile per pochi euro, su Amazon.
La visione è consigliata, specialmente per avere un’idea di cos’eravamo capaci di fare un tempo, con pochi soldi e molte idee.

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