Con ottobre cercherò, al solito, di spostare i post di Plutonia più sull’horror.
Il genere offre, come sempre, moltissimi spunti di discussione, tra film, libri, fumetti, leggende metropolitane e altro. Oggi, tanto per cominciare, ho deciso di rivangare un vecchio b-movie (ovvero: un filmaccio) ignoto ai più, ma che la prima volta che lo vidi mi lasciò una sottile inquietudine.
Vale la pena specificare che ero un ragazzino, età in cui si è più sensibili a certe cose, mentre da grandi si tende a scovare il ridicolo in tutti quei film che sono poco meno che perfetti.
In un certo senso rimpiango i miei 13-15 anni, in cui ero più ingenuo e permeabile a certe atmosfere cupe e perturbanti, cosa che oggi mi accade davvero raramente.
Ma bando alle inutili nostalgie.
Un professore universitario, durante delle ricerche sulle antiche religioni dell’est europeo, si trova invischiato nello strano suicidio di un suo collega e in una serie di delitti che hanno tutti come comune denominatore un’antichissima setta di adoratori di una misteriosa divinità dalle sembianze di ragno. (fonte: Horror Movie)
Pellicola del semisconosciuto Gianfranco Giagni, datata 1987, Il Nido del Ragno ha il suo punto forte nelle atmosfere tenebrose di una Budapest che sembra uscita dalla fantasia di un autore gotico. C’è un qualcosa, nelle riprese del film, che richiama indubbiamente alle “città delle madri” della trilogia argentiana, anche se qui il mistero si tinge più di spiegazioni lovecraftiane, complice un culto che rivolge i suoi rituali a un misterioso dio-ragno.
Impossibile – se siete esperti conoscitori del Solitario di Providence – al Grande Antico Atlach-Nacha, l’Oscuro Tessitore.
Forse è proprio la presenza aracnoide che permea il film a inquietare. Le simpatiche creature a otto zampe sono tra quelle che da sempre turbano l’uomo, anche se in realtà i ragni sono del tutto innocui, almeno per quel che riguarda noi sapiens-sapiens.
Ne Il Nido del Ragno, dove è forte (ma non opportunamente sviluppata) la presenza ibrida di creature a metà tra l’umano e l’aracnide, viene ripreso anche un tema che si rifà ai classici greci, ovvero quello di Aracne stessa. Vicenda, quella della povera figlia di Idmone, trasformata in ragno dalla Dea Atena, ripresa anche nel Purgatorio dantesco.
«O folle Aragne, sì vedea io te
già mezza ragna, trista in su li stracci
de l’opera che mal per te si fé.»
(Purgatorio, Canto XII, 43-45)
Non dimentichiamo poi che in alcune culture il ragno è un animale psicopompo, ovvero fa da tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Secondo alcune credenze l’anima di una persona può uscire (e rientrare) dal corpo, durante il sonno, proprio assumendo la forma di un ragno.
In altre tradizioni invece la ragnatela, con la sua geometria perfezione, rappresenta l’ordine del Cosmo contrapposto al disordine del Caos.
Nel film che vi ho presentato oggi ci sono solo piccole suggestioni di tutto ciò. Il resto è lasciato all’immaginazione dello spettatore, non tanto per scelta del regista, quanto perché abbiamo a che fare con una pellicola imperfetta, seppur affascinante, incompleta, sebbene suggestiva.
Difficile recuperarlo, anche se incredibilmente su YouTube c’è la versione inglese completa, sottotitolata in giapponese (!)
Alex Girola – follow me on Twitter
Segui la pagina Facebook di Plutonia Experiment
Archiviato in:film, misteri, recensione