Tra un mese uscirà il Farinotti 2014. Il Dizionario di tutti i film (Newton Compton editore) … terminato con il Festival di Venezia. Come piccola preview ecco una delle due prefazioni.
TALENTO ITALIANO | “Signor Gassman per favore, due parole per la Rai. Qual è il suo pensiero sulla crisi del cinema ?” Domanda un cronista. Gassman risponde: “ La crisi del cinema è crisi di idee. Non ci sono più idee, non ci sono più scrittori”. Questa risposta è del 1961, recitata da Vittorio Gassman in una comparsata in Una vita difficile di Dino Risi. Il regista milanese raccontava l’umanità con malinconica ironia, perché quello era il reale di allora. E oggi, dopo più di cinquant’anni, siamo ancora lì. Con una differenza, che allora la crisi nel cinema non c’era. Chi ha scritto questa battuta è Rodolfo Sonego, maestro di scrittura del cinema, che si è auto-compiaciuto, con ironia appunto, di quel concetto, sapendo che non era vero. Adesso “non ci sono più scrittori” ha una ragione di essere.
In quelle stagioni i grandi scrittori, i bravi sceneggiatori c’erano e lavoravano con i cineasti assimilandone storie e valori, per poi narrarli con le giuste proporzioni. C’erano Flaiano, Guerra, Sonego, Age e Scarpelli, Maccari, Cecchi D’amico, Zavattini, Amidei, e altri. C’era già Cerami.
Oggi non accade più. Abbiamo dei grandi talenti in Italia, attoriali: faccio un solo nome, del magnifico capofila Toni Servillo, ma la schiera è lunga e preparata. E abbiamo degli ottimi cineasti. Che sono dei tecnici perfetti. Sono dei pubblicitari che vendono immagini esemplari, patinate, colorate, rigorose e senza un difetto: dallo stile glitterato e magico di un Garrone, a quello esteticamente senza una sbavatura di Sorrentino, dalla terra siciliana incantata secondo Crialese, alla tragicommedia del reale di Virzì – che a differenza di molti utilizza buoni scrittori e sceneggiatori, e si vede – fino alla pulizia e naturalezza di Diritti, forse il “vertice” del nostro cinema in questo momento: in Un giorno devi andare racconta una storia perfetta, esportabile, ma che si riserva astratte considerazioni sul trascendente che non aggiungono, ma tolgono qualcosa. Anche Soldini col Comandante e la cicogna espone una fantasia surreale alla francese, ma non ha resistito alla tentazione dei grandi pronunciamenti – quelli di Garibaldi, Leonardo, Verdi e Leopardi – un po’ convenzionali, e superflui. E poi Salvatores, che ha spesso attinto dalla letteratura – vedi Ammanniti – ma che con Educazione Siberiana non ha saputo replicare la qualità dei contenuti del romanzo di Nicolai Lilin. La migliore offerta di Tornatore è un mosaico quasi perfetto, per stile e tensione. Ma non riesce a risolvere adeguatamente il finale. Dunque in ultima analisi è quasi sempre questione di scrittura. E di idee. Il tanto dibattuto La grande bellezza, di cui scrive anche Pino Farinotti nella sua prefazione di quest’anno, è un film ricco di spunti, di realtà diverse, di parole, di colore … ma che alla fine non arriva mai al punto. Forse perché un punto non c’è. Quando i nostri talentuosi autori scioglieranno quell’ultimo nodo, affidandosi a chi lo sa sciogliere, allora ci allineeremo al cinema completo e di grande qualità.
Rilevo infine un evento. Un film italiano ha vinto il Leone d’oro di Venezia, non accadeva da quindici anni. Il vincitore è Sacro Gra, di Gianfranco Rosi. Bernardo Bertolucci presidente della giuria, insieme agli altri membri, ha deciso che era passato davvero troppo tempo. Ma per trovare un titolo “adeguato” si è dovuto ricorrere a un documentario, a un non-film. Non era ancora successo.
Paolo Virzì, Ovosodo
Paolo Virzì, La prima cosa bella
Emanuele Crialese, Nuovomondo
Emanuele Crialese, Respiro
Gabriele Salvatores, Educazione siberiana
Gabriele Salvatores, Io non ho paura
Silvio Soldini, Il comandante e la cicogna
Silvio Soldini, Il comandante e la cicogna
Silvio Soldini, Pane e tulipani
Giorgio Diritti, Un giorno devi andare
Giorgio Diritti, Un giorno devi andare
Paolo Sorrentino, La grande bellezza