Ci sono vari modi di recensire un libro o un film.
C’è chi se la cava con quattro righe, riassumendo in esse il necessario.
C’è chi scrive articoli di migliaia di parole, riuscendo a essere più prolisso dell’opera di cui sta parlando.
C’è chi tende a recensire ciò che gli è piaciuto.
C’è chi gode un mondo a stroncare ciò che gli ha fatto schifo.
Si tratta di scelte personali sul modo di condurre un blog. I lettori sono molto divisi, anche se per fortuna noto una (seppur lieve) maggioranza di persone interessate a cose ritenute belle, piuttosto che ad altro.
Poi c’è il recensore col retropensiero. Che è quello in grado di notare messaggi occulti anche nel più banale romanzo o film d’intrattenimento.
Insomma, uno spaccacoglioni a livello epico.
Il recensore col retropensiero è quello che vede complotti massonico-nazisti nei film della Disney, o che grida al maschilismo davanti a innocue scene di sesso, spesso venate di semplice ironia.
Il recensore col retropensiero crede che lettori e spettatori siano tanto stupidi da farsi influenzare da un film o da un libro. Chissà, magari potrebbero diventare stupratori vedendo un horror con le donne in bikini, o cose così.
Non si tratta – non sempre – di semplici moralisti dai parallelismi facili (“chi legge i fumetti diventa un serial killer!“). Spesso si tratta di intellettualoidi, di hipster che hanno smarrito secoli fa la capacità di divertirsi e di uscire dal personaggio che hanno confezionato su misura per se stessi.
A volte il recensore col retropensiero si spara soltanto delle pose, schiaffando in faccia al lettore la sua presunta superiorità intellettiva e morale. Ogni tanto si tratta di un percorso di autopurificazione da tutto ciò che per anni questo genere di recensore ha adorato e consumato.
Quindi, se prima leggeva fumetti horror, ora deve dire che sono prodotti per stupidi. Se prima ascoltava metal, ora ne condanna la passione. Se prima si appassionava di scrittura, ora deve sottolineare che scrivere è da perdenti.
In tutto ciò c’è soprattutto un ego enorme, che spinge il recensore col retropensiero a considerare il pubblico come una massa informe composta indistintamente da stupidi.
Più una cosa piace alla gente, più il soggetto in questione la giudica “inadatta” e “lobotomizzante”. Perché, si sa, è solo il pensiero alternativo, quello accettabile, quello puro. Tutto il resto – e da qui nasce il retropensiero – va solo a istupidire il volgo e a riempire il portafoglio dei kattivi kapitalisti.
C’è un che di insopportabile e intollerabile, in quest’assenza di mezze misure.
Se è vero che spesso il pubblico massificato è apatico e privo d’iniziativa, non si può ridurre tutto a una demonizzazione di ciò che ha successo, e a una santificazione del “piccolo prodotto indipendente”, che per taluni sembra bello e profondo per diritto divino. Avete presente, no, quegli hipster che parlano bene soltanto dei film finlandesi doppiati in armeno?
C’è di buono che i recensori con retropensiero sono talmente poco credibili che fanno presto la figura dei predicatori folli che starnazzano, mezzi avvinazzati, nei sottopassi della metropolitana.
Sempre dall’altro della loro superiorità intellettuale, eh.
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