Salone degli Incanti. Questo è il nome dell’ex pescheria sul porto di Trieste, ora luogo d’esposizione che in questi giorni assume il compito di sfera evocativa grazie all’artista dell’Arte povera, Jannis Kounellis (Pireo, 1936) che rende un forte tributo alla città.
Il grande salone, un tempo palcoscenico caotico del mercato del pesce, dove rumori, persone, utensili, odori e lavori si mescolavano, ha un impatto estetico ridondante ed estremamente evocativo, forse grazie alle grandi navate bianche, o all’ampiezza dello spazio, o ai soffitti altissimi. L’artista greco crea un ambiente tragico con pochi elementi disposti rigorosamente secondo geometrie sia verticali, con gli originali banchi di cemento dove una volta veniva aperto e tagliato il pescato del giorno, su cui oggi sono posati, come carcasse di animali abbandonati, i relitti delle vecchie barche rotte. Grandi residui di legno appoggiati tra loro. Barche rotte che riprendono vita agli occhi dello spettatore. E geometrie orizzontali, che Kounellis restituisce attraverso la disposizione di sedie coperte da drappi neri, disposti diversamente tra loro e rivolti verso il centro, verso il palcoscenico di carcasse di legno. Lo spettatore di una volta, che ora non c’è più ed è sostituito da un lenzuolo nero, guarda i resti del passato, da due lati opposti. Una composizione teatrale vuota, che rievoca la morte e l’immobilità di una città dagli antichi sfarzi. Sopra questo teatro kounellisiano incombono grosse pietre, legate tra loro attraverso grosse cime da imbarcazione, come una pioggia di lacrime – secondo le parole dei due curatori Davide Sarchioni e Marco Lorenzetti – o come un tragitto da percorrere verso l’alto, per ritrovare, forse, nuovi spunti per il futuro. (grazie a shanti ranchetti per alcune foto).
