Poco importa che si tratti di catastrofi che riguardano tutti, ogni volta che sente parlare di ambiente l'autore comincia a sbadigliare, preso dalla noia. A molti succede così.
Un giorno un collega gli regala un libro che parla di tale George Perkins Marsh, primo ambasciatore in Italia degli Stati Uniti, nominato da Abramo Lincoln. Fa le fotocopie, le mette via, solo dieci anni più tardi capisce di chi si tratta: è l'uomo che, nel secolo del progresso e dell'industria, prima ancora che esista la stessa parola ecologia, capisce cosa sta succedendo al mondo. Il primo che parla di cambiamenti climatici e di foreste da salvare.
Ne nasce un viaggio dalle foreste del New England alle foreste del nostro Appennino, passando per i deserti dell'Africa. Ma soprattutto comincia un viaggio intorno a una persona dimenticata - pensare che dall'altro lato dell'Atlantico Marsh è considerato il padre di parchi come Yellowstone - che ci regala un nuovo sguardo sugli alberi, sulle montagne, sulla stessa nostra civiltà.
Non c'è più noia, con questo personaggio stravagante, che frequenta a malincuore la corte dei Savoia, ma si appassiona alle saghe di Islanda e coltiva l'idea di portare i cammelli nelle praterie degli Stati Uniti.
E chi è che parla, alla fine? L'autore o l'ambasciatore delle foreste?
(Dal risvolto di copertina del nuovo libro del sottoscritto: L'ambasciatore delle foreste, Arkadia editore)