Da quando ho aperto questo blog sono tornato spesso e volentieri sul vero dilemma dello scrittore 2.0.
No, non si tratta di scegliere tra editoria tradizionale e self publishing, né dell’annoso problema riguardante il giusto prezzo degli ebook.
Il dilemma reale è questo: come ci si deve comportare sui social, dal momento che il nostro profilo personale corrisponde anche a quello di scrittore?
Il discorso è applicabile anche ad altri artisti e intrattenitori: cantanti, attori etc.
La soluzione è apparentemente semplice: creare un profilo autore, per esempio una pagina Facebook o un profilo Twitter, e utilizzare esclusivamente quello per parlare del proprio lavoro e di tutto ciò che ne è affine. Per esempio un autore horror può alternare post sui lavori in corso dei suoi racconti e romanzi e impressioni su film, libri, fumetti etc che fanno parte del medesimo settore (l’horror, nel nostro esempio).
La cosa ha senso e sarebbe da farsi, senza se e senza ma.
Tuttavia questo non leva di mezzo la naturale curiosità dell’essere umano, che cercherà sempre e comunque il “privato” dell’autore, ciò che pensa, fa e dice quando non è impegnato a scrivere.
Il fenomeno, molto più in grande, riguarda per esempio il mondo della musica.
Quasi tutti i cantanti mostrano se stessi nella quotidianità, lasciando agli aspetti professionali e artistici una percentuale minoritaria dei post sui loro social media.
Stesso discorso per i calciatori e gli sportivi in generale.
All’interista interessa dove va in vacanza Maurito Icardi e che auto acquista. Gli interessano le foto in bikini di Wanda Nara. Non gli importa granché di noiosi post dal campo di allenamento.
I fan di Emma Marrone vogliono sapere se il sabato sera la loro beniamina mangia una pizza con le amiche, e che abiti indossa quando va a fare jogging.
Selfie di Emma Marrone in vasca (60.000 like).
Oramai l’intero sistema che riguarda la gestione dell’immagine di un artista/intrattenitore gira così. Le eccezioni sono poche e se le possono permettere i grandi nomi, che vendono a prescindere.
Gli autori, anche quelli piccoli, non sfuggono al meccanismo.
Ed è così che Facebook è un proliferare di scrittori che discutono di una varietà di argomenti, dalla politica all’ambientalismo, dai vaccini alla struttura sociale dei paesi islamici, dall’inquinamento in Asia alla marca di crema abbronzante ecosostenibile.
Questo viene fatto per non diventare invisibili.
Oppure perché piace far parte del mucchio.
O magari perché lo scrittore, anche quello con dieci lettori cagati di numero si crede intellettualmente superiore, e quindi in grado di parlare di ogni argomento.
Per i più furbetti si tratta di una strategia: ogni dieci post in cui si interviene sul trend topic del giorno, ci infilano lo spam ai loro libri.
Funziona? Mah. A volte.
Dal profilo Instagram di Paula Hawkings (no, ok, lei parla prevalentemente di libri, come ci si aspetterebbe da una scrittrice).
Altre volte, ed è una cosa che noto sempre più spesso, un autore che si spoglia della sua arte per essere tuttologo fa la figura del coglione.
Ebbene sì.
La cosa più brutta è aver intercettato su Facebook alcuni scrittori che per anni ho conosciuto unicamente attraverso i loro romanzi. In nove casi su dieci si sono rivelati esseri umani molto più piccoli di come me li ero immaginati. Credo che molti abbiano pensato la stessa cosa anche di me, è ovvio.
Eppure, come dicevo, sembra che non ci sia una via di mezzo: se non ti esponi, se non mostri i tuoi pensieri, le tue debolezze, le tue ridicolaggini (chi di noi non ne ha almeno una?) al pubblico, di fatto non esisti.
Perché il lettore di oggi non è più quello del 1980. Vuole essere tuo amico, vuole sapere per chi voti, vuole sapere se sei pro o contro i matrimoni gay, se preferisci tette o culo, se sei renziano o grillino.
Tutto questo sta spostando l’attenzione dalla letteratura al gossip (idem per la musica, per il calcio e per altro).
La strada imboccata sembra a senso unico, quindi toccherà farsene una ragione.
O forse no?
Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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