La pelle della tigre è il titolo della personale di Graziano Folata (Rho, 1982) alla Galleria Massimodeluca. Un titolo dal rimando poetico, quasi un racconto, come metafora di indagine e sperimentazione sulla superficie delle cose. Tutto ha una pelle, e non quella “pelle” corrotta nell’animo alla Malaparte, ma quella che restituisce una forma a tutto ciò che vediamo. A tutto ciò che l’artista scruta e che, come un demiurgo in azione, ripropone sotto altre spoglie.
Ecco che il percorso in galleria scorre lento, perché ogni opera ha un’intuizione da scoprire, da studiare, tra lavori scultorei, disegni – realizzati come segni su carta da incisione – e “operazioni fotografiche” – come le definisce la curatrice Giovanna Manzotti – che agiscono in parallelo con il modus operandi di Folata attento e sperimentatore “all’uso della materia, al peso plastico delle forme e gesto performativo”, sempre secondo le parole della curatrice. Folata sviluppa gesti e immagini che ritroviamo tradotte in elementi anche quotidiani – delle piccole stelle, un casco di banane … – ma come presenze fisiche che hanno altro da dichiarare. E lo dichiarano. Un percorso a “ritmi visivi”, come testimonia l’artista, che ogni volta sono piccole sorprese. Fino al 23 maggio.