Lo scenario del mio romanzo di prossima uscita, Max: First Lady Road, è in realtà molto più cupo di quanto si potrebbe intuire dai primi post in cui ne ho parlato. In quegli articoli emerge infatti il lato action e avventuroso, e il giochetto ucronico che porterà una famosa showgirl italiana a essere protagonista della storia.
Per carità, sono tutti elementi presenti nel romanzo, che però non è soltanto una lettura estiva.
Ho anche accennato che sarà anche l’occasione per ribadire il mio no al populismo, a un certo modo di fare politica (e non intendo lo schierarsi a destra, a sinistra, al centro o altrove, sia chiaro).
Per sottolineare questo “no” ho estremizzato lo scenario in cui si muovono i personaggi del romanzo.
Ve lo accenno in breve, con un po’ di spoiler “di sistema” (ovvero non sulla trama).
Quattro anni di presidenza Trump hanno prodotto una politica isolazionista. Gli Stati Uniti, forti del motto “America First” hanno abdicato dal ruolo di gendarmi del mondo, lasciando il resto del pianeta senza la loro guida.
Lo Stato Islamico, dato per moribondo, ha riguadagnato consenso e vigore. La Turchia è diventata il suo nuovo regno, ma ha iniziato a espandersi anche nei Balcani, senza mai smettere di colpire il Vecchio Continente con attacchi terroristici.
L’Unione Europea, per reazione, ha visto un crescendo di consensi dei parti anti-unionisti, populisti e xenofobi.
Come se non bastasse la bolla speculativa scoppiata in Cina ha portato un nuovo colpo di coda della crisi economica, che ha colpito a casaccio in più paesi.
In Francia Il Front National ha vinto le elezioni e la Le Pen è diventata presidente.
In Italia il Movimento Onda d’Urto, che si proponeva come anti-sistema, ha vinto le elezioni, insediando il governo Di Maggio, che in pochi mesi ha dato dimostrazione di non essere in grado di risolvere i problemi del paese.
Un anno e mezzo più tardi i jihadisti hanno colpito anche l’Italia. Una cellula di kamikaze dello Stato Islamico ha fatto detonare una “bomba sporca” a Firenze, causando centinaia di morti e inquinando buona parte della città con scorie radioattive.
L’attacco ha causato la sollevazione del nord del paese. Il partito Fronte Nord, di Matteo Santini, ha armato milizie di volontari, scatenando la caccia all’islamico. Dopo pochi giorni, in un crescendo di psicosi di massa e di caccia alle streghe, il settentrione d’Italia ha dichiarato la secessione.
Il governo del Movimento, al solito bloccato da un mix di incapacità e di volontà di seguire la pancia del suo elettorato, ha di fatto lasciato campo libero a Santini, opponendo soltanto una resistenza di facciata.
Le milizie paramilitari, secondo alcune finanziate sottobanco dai russi, desiderosi di spazzare via quel che resta dell’Unione Europea per patrocinare la nascita di una federazione militarista, bianca, e filo-moscovita, sono dilagate.
I jihadisti realmente presenti sul suolo italiano hanno approfittato della situazione per uscire allo scoperto e per combattere. A loro si sono uniti diversi musulmani fino a quel momento non militanti, ma decisi a non sottoporsi ai pogrom dei frontisti di Santini.
In mezzo a questa battaglia, che ha visto come terzo attore un movimento di resistenza purtroppo non sostenuto da Roma, migliaia di sfollati, stranieri ma anche italiani, sono precipitati in un nuovo medioevo.
La Francia lepenista (partito forse a sua volta sul libro paga di Putin) ha inviato delle brigate di volontari per aiutare la sedicente Repubblica Indipendente di Padania a “pacificare” il territorio. Questo intervento, appoggiato da mercenari ben addestrati ed equipaggiati, ha effettivamente consolidato il potere di Santini.
Dopo mille titubanze e a causa del disimpegno americano e delle opposizioni di Russia e Cina, l’ONU ha ordinato la costituzione di una forza di peacekeeping, con l’obiettivo di proteggere i civili e di prestare soccorso umanitario nelle regioni secessioniste. Purtroppo le limitative regole d’ingaggio hanno portato al fallimento quasi totale della missione di peacekeeping. L’unico vero successo ottenuto dai caschi blu, se così si può definire, è l’azione di embargo informatico e telefonico in buona parte dei territori ribelli, che ha di fatto rispedito la Padania di 150 anni nel passato.
Da due anni le bande paramilitari controllano le province ribelli, a eccezione di poche città che la resistenza ha strappato ai criminali golpisti, la più importante delle quali è Milano.
Il nord Italia è ridotto alla stregua dei Balcani, durante la guerra che ha portato alla dissoluzione della Jugoslavia. Nessuno si è occupato di effettuare un secondo tentativo di pacificazione, né il governo di Roma si è dato da fare per chiedere un nuovo intervento dell’ONU. Ciò che resta dell’Unione Europea non ha risorse per intervenire contro i frontisti di Santini.
Dopo le elezioni americane si apre tuttavia uno spiraglio.
Battuti Trump e la sua politica isolazionista, viene eletto l’ex attore George Clooney, che vuole restituire agli Stati Uniti il suo ruolo di superpotenza. Per farlo deve prima di tutto intervenire in Italia, porre fine agli eccidi di massa e ripristinare la democrazia. L’unico paese europeo disposto a scendere in campo insieme agli USA, senza attendere una risoluzione ONU, è la Germania.
Così, mentre gli americani e i tedeschi iniziano a finanziare la resistenza interna alla Padania, prima di intervenire personalmente, i gerarchi del Fronte Nord si industriano per trovare una strategia che consenta loro la sopravvivenza.
Questo, in soldoni, è lo scenario di Max: First Lady Road.
L’ho voluto costruire con una serie di “what if” che a oggi sembrano improbabili: l’isolazionismo di Trump (che mesi fa era annunciato e verosimile), il nuovo afflato secessionista di un noto partito di destra, nato negli anni ’90 con una forte caratterizzazione regionalista e separatista, la vittoria del Front National alle elezioni francesi.
Eventi, come dicevo, che oggi sembrano quasi impossibili, ma che fino a poche settimane fa non lo erano affatto. Il compito dell’autore è – a volte – quello di ipotizzare un worst case scenario.
Qualcuno di voi dirà “queste cose da noi non possono accadere“. Io lo spero, ma so che nell’ex Jugoslavia dicevano la stessa cosa. Non solo: gli americani, prima del 2001, ritenevano impossibile un attacco sul loro territorio. Quel che è successo poi è storia nota.
No, tranquilli, non credo che in Italia avverrà qualcosa di così brutto. Ma, come dicevo, un autore deve immaginare il peggio, se vuole scrivere una distopia.
Ed è quello che ho fatto per scrivere questo romanzo on the road.
Vi piacerà?
Credo di sì.
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