All’Art Institute di Chicago è in mostra la retrospettiva più completa mai stata dedicata a René Magritte, il maestro Surrealista di origine belga. Magritte: The Mistery of the Ordinary, 1926-1938.
Cento opere in mostra tra dipinti – spesso non scontati -, disegni, collages e fotografie all’interno di una retrospettiva ben sviluppata attraverso uno studio accurato di prestiti (dalla Tate di Londra, alla Menil Collection di Houston, dal Moma di NY a Düsseldorf, Stoccarda e Rotterdam, da Dallas a Edimburgo … ) . Dal periodo che consacra Magritte tra uno degli autori di spicco del Surrealismo, partendo dalla sua città, Bruxelles, con i primi lavori del 1926, quando l’artista dichiara di voler “sfidare il mondo reale”/ “met le monde réel en cause’”. L’arrivo a Parigi nel 1927 e l’amicizia con esponenti del Surrealismo come André Breton, Salvador Dalì e Joan Mirò e dove crea una delle opere fondamentali della sua poetica di spaesamento del concetto della parola e dell’idea: La Trahison des images ( la nota Ceci n’est pas une pipe).
Il ritorno a Bruxelles, 1930/33), e la nascita dei vari dipinti e collages sull’associazione di idee e l’interpretazione della parola che diviene sempre più inquietante e ossessivo, poiché spesso segue anche l’istinto di Magritte in momenti di dormiveglia. Un lavoro molto interessante, eseguito prima dell’arrivo a Londra e di alcuni lavori commissionati – con i quali si chiude l’esposizione, da Edward James, fa parte della collezione di Jasper Johns.
E poi l’ultimo periodo produttivo, il 1938. Prima dello scoppio della II Guerra e in preparazione di una grande retrospettiva, mai stata realizzata. Ecco che, dopo una visita completa e disorientante, termini, immagini e concetti come Trasformazione, Dislocamento, Metamorfosi, Realtà e Surrealismo, Natura e Artificio, Verità e Finzione, Visione … diventano familiari, a un pubblico al quale Magritte ha insegnato una realtà di oggetti quotidiani sfasata e irreale.