Qualche giorno fa leggevo lo status Facebook di uno scrittore, che annunciava di essere seduto al “solito bar” dove da anni si reca, portatile alla mano, per scrivere i suoi racconti e romanzi.
Questo può sembrare un cliché hollywoodiano, ma in realtà non sono pochi gli autori che scrivono in modalità raminga. In fondo la tecnologia oramai ci viene incontro. Tra notebook, mini-notebook e tablet si può davvero lavorare ovunque, anche seduti in mezzo a un prato d’alta montagna. Senza dimenticare che, in fondo, per le versioni beta e per prendere appunti bastano pur sempre quaderni, agende e fogli sparsi.
Tra i colleghi che conosco meglio devo però riconoscere un’assoluta maggioranza di scrittori stanziali, legati a una loro speciale “zona comfort” in cui riescono a produrre senza essere distratti da parenti, vicini, amici o da altri fastidi vari ed eventuali. Tempo fa ne avevamo parlato a proposito del feng-shui per scrittori.
Anch’io faccio parte di questa categoria. Riesco a scrivere solo se sto alla mia scrivania, collegato a Internet, seduto sulla mia poltroncina girevole, finestra alla sinistra, capiente portapenne alla destra. Etc etc.
Tuttavia ultimamente ho una crescente voglia di tentare qualche sessione di scrittura in esterna.
Ho dei problemi in casa, che non mi dilungo a spiegare, che mi impediscono di godere del consueto ambiente ideale per scrivere con serenità. Sebbene mi ritenga piuttosto adattabile, la ricerca di una migliore concentrazione è cosa buona e giusta.
Già, ma dove scrivere, se non in casa?
Non avendo seconde abitazioni, case di villeggiatura o altro, occorre pensare ad altre alternative.
Scrivere in un locale pubblico pare essere una soluzione abbastanza gettonata.
Già, ma come adattarsi al casino, alla gente che ci ronza intorno, al chiasso e al resto? Credo sia soltanto una questione di carattere. Io quando scrivo odio avere una persona che mi sta alle spalle, figuriamoci se potrei farlo in un pub o in un bar, circondato da sconosciuti.
Eppure ci sono dei locali che, è innegabile, hanno degli ambienti piuttosto adatti per lo scrittore vagabondo, magari dotati anche di prese elettriche vicino al tavolo, luci soffuse, servizio ai tavoli molto rilassato.
Altra soluzione: scrivere all’aperto, magari in un parco pubblico, su una panchina o sul prato.
Pro: aria buona, tanto verde, spazio ampio (non si rimane gomito a gomito con gli impiccioni), possibilità di sgranchirsi le gambe.
Contro: nessuna possibilità di ricaricare il vostro portatile (o tablet), se non grazie alle batterie d’emergenza, scarse probabilità di trovare una rete wi-fi a cui agganciarsi, relativa scomodità nella postura (il portatile dovete tenerlo appoggiato sulle ginocchia, o su telo mare).
Eppure scrivere in un prato mi affascina, lo ammetto. Credo che farò un tentativo, complice le mie future vacanze estive in montagna.
Altre alternative?
Mmm… vediamo.
Scrivere a casa di amici. Lo trovo piuttosto dispersivo, ma dipende da amico ad amico.
Scrivere in luoghi pubblici (stazioni, aeroporti etc). Interessante soluzione dettata magari dalle circostanze. I non-luoghi, così come li definisce il sociologo Marc Augé, sono particolarmente validi per estraniarsi nel cuore di una moltitudine. Chissà, potrebbero essere esperienze interessanti, ammesso e non concesso che capiterà mai di provarci davvero.
E voi? Avete mai scritto lontano dalla vostra zona-comfort?
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