L’altro giorno ho assistito a uno scambio di battute sulla bacheca Facebook di un’amica.
L’oggetto della discussione era Tex Willer, il noto eroe della Bonelli. L’amica diceva di averlo acquistato per la prima volta e di averlo trovato poco dinamico, noioso, legnoso. E, badate bene, stiamo parlando di una grande appassionata di fumetti, non di una profana.
Tra i commenti si è quindi palesato un fan storico di Tex, irritato da tali affermazioni. Il che, a voler ben vedere, ci può stare. Ciascuno ha le sue passioni ed è giusto che le difenda.
Solo che gli argomenti usati dal fan di Tex erano leggermente allucinanti.
Si andava dal classico (e a parer mio agghiacciante) “Tex è così da 50 anni e non deve cambiare“, all’altrettanto inquietante “Mi piacciono le storie che presentano sempre questi elementi“.
Caspita, direte voi.
Cazzarola, dico io.
Nella discussione qualcuno ha osato far notare che Tex ha avuto un interessante periodo di evoluzione, quando ha introdotto tematiche horror, fantawestern, perfino fantasy, variando così le classiche tematiche del western puro.
La risposta del fan è stata lapidaria: “A Tex non servono nuovi elementi, è bello così com’è. Se cercassi altro, leggerei altro“.
A me questa mentalità talebana avvilisce.
Una totale chiusura al nuovo è ciò che sta facendo morire la narrativa d’intrattenimento, qui in Italia. Parlo sia di fumetti che di libri.
Ci si arrocca su poche, relative certezze e si scarta tutto ciò che è ignoto, pensando che tanto non può offrire nulla d’interessante.
Il ragionamento che il fan ha fatto per Tex Willer vale anche per l’editoria, dove oramai molti lettori “medi” si concentrano su tematiche che reputano sicure per i loro gusti. Thriller, gialli, un horror apocalittico pieno di cliché, tanto per variare una volta o due all’anno.
Questo va proprio contro il mio essere.
A me piace variare, credo che lo abbiate capito.
Mi piace farlo da lettore, ma anche da scrittore.
In diversi anni di attività sono passato dal thriller (agli esordi) alla fantascienza, dalle zombie-novel ai racconti di supereroi. Sono arrivato al peplum, con Maciste, e al weird west, con Biondin. Nel 2015 magari proverò altri sottogeneri. Ah, ovviamente mi sono fatto anche la trafila steampunk/dieselpunk, e sto pensando di provare il clockpunk.
Qualcuno mi disse – con piena ragione – che se scrivessi soltanto racconti di zombie o catastrofici, potrei campare di scrittura. Forse è vero. Ho una lista lunga così di lettori che acquisterebbero ogni ebook di questo tipo. Solo che non ce la faccio. Se non vario mi annoio, quindi non riesco a scrivere bene come vorrei.
Variare e sperimentare è bellissimo. Al peggio, una volta provata una cosa nuova, si può sempre capire che non fa al caso nostro e dedicarsi ad altro. Se invece mai si prova, mai si espande il proprio orizzonte. Si rimane prigionieri di poche certezze e ci si preclude tutto il resto.
La Sindrome di Tex Willer è una brutta bestia.
Senza nulla togliere al vecchio eroe bonellide, che ha comunque una lunga lista di meriti nel suo CV letterario.
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