La butto lì, in un giorno di agosto in cui non sarebbe opportuno di parlare di cose troppo serie.
La frase citata nel titolo del post si riferisce a quanto letto in un saggio italiano sul branding e sulla promozione dei prodotti di intrattenimento. Al momento non riesco a dirvi il titolo, perché il libro l’ho letto un mese fa, e ora sono in montagna, con una connessione di fortuna.
Comunque il concetto è più o meno questo: in Italia il mercato dei gadget elettronici – smartphone e tablet – è solido, florido e in espansione. Eppure esso non ha generato un effetto traino sul settore degli ebook, degli MP3 e dei film da acquistare legalmente in streaming.
In altre parole: su questi aggeggi molti ci smanettano a caso (si limitano a usare l’app di Facebook? Probabile), altri cercano materiale gratuito e/o illegale, e non pensano nemmeno lontanamente di spendere 2 o 3 euro per un ebook o per una canzone.
Come esperienza personale posso dirvi che il pubblico di lettori e di appassionati di ebook è in crescita anche nel nostro paese.
In quattro anni e mezzo di attività come autore indie ho visto aumentare esponenzialmente le vendite. Merito di un buon lavoro di marketing, ma anche di uno sviluppo del bacino di potenziali acquirenti.
Non c’è stato però il boom registrato – a dire il vero già da un decennio abbondante – in altri paesi occidentali (e non solo).
I dati parlano chiaro: la diffusione di ereader e tablet ha portato molti ex “non lettori” ad appassionarsi di lettura. I prezzi bassi, il risparmio di denaro e di spazio e l’offerta di generi e sottogeneri ben superiore a quella del mercato tradizionale sono i fattori vincenti. Inoltre non dimentichiamo il costo accessibile dei suddetti device.
Forse subentra poi un’attitudine mentale che noi italiani abbiamo un po’ perso: quella di curiosare, di avvicinarci alle nuove tecnologie con fiducia, con interesse.
Quindi è corretto dire che, qui da noi, il diffondersi di tablet, iPad, smartphone e quant’altro non coincide con uno sviluppo della cultura (“alta” o pop che sia)?
Secondo me sì, anche se sono moderatamente fiducioso per il futuro, soprattutto per quelle generazioni di 25-45enni che mi sembrano i più papabili usufruitori delle nuove tecnologie.
Voi che ne pensate?
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(A.G. – Follow me on Twitter)
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