Tendenze del blogging nel 2016-2017

blogging vintage

Ogni tanto, coi miei amici blogger di lungo corso (non siamo in molti, oramai), ci chiediamo se vale la pena continuare a gestire un blog, nel 2016.
La preponderanza dei social media ha oramai cambiato le dinamiche della comunicazione, tant’è che moltissimi navigatori sono iscritti a Facebook, Instagram, Twitter (etc), ma pochi leggono dei blog che non siano quelli ultra-famosi.
Non si tratta solo dell’annoso problema del deficit di attenzione, bensì di un media – il blog – che appare molto lento, rispetto alla frenesia di Facebook e parenti minori. Un articolo al giorno? Uno soltanto? Follia, perché è abituato a sparare tweet come una mitragliatrice.
Perciò, che si fa con questi blog? Li si chiude?

A quanto pare i blogger più letti hanno adattato il loro stile a quello dei social media.
Pubblicare articoli brevi, ma non telegrafici (per compiacere il SEO), sempre più spesso scritti come dot-list (elenchi puntati).
Preferire l’instant-blogging, per coprire gli argomenti di tendenza. Un po’ come succede su Twitter.
Utilizzare molte foto, molte gif, diversi video. Perché il monoblocco di parole spaventa.
Integrare il blog coi principali social network.
Scegliere un look in stile magazine, per dare l’impressione che dietro a un blog personale ci sia una redazione, o comunque un lavoro corale, anche se spesso non è così.
Offrire contenuti liberi, ma anche prodotti e servizi. Questo, ovviamente, dopo essersi fatti un nome.

Da quest’ultimo punto si deduce che i blog specializzati sono quelli più seguiti. Per dire, se apro un blog di fitness, devo scrivere solo di questo argomento, e dopo qualche mese potrò magari offrire consulenze private o buoni-sconto di palestre convenzionate.

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Quindi per bloggare con successo occorre seguire questi consigli?
Forse.
O magari bisogna fregarsene e rimanere coerenti con se stessi, specialmente se siete blogger di lungo corso.
Io, per esempio, su Plutonia parlo prevalentemente del “fantastico” e di scrittura, ma da sempre mi riservo di spaziare in campi attigui, ma anche di fare qualche puntatina in argomenti che poco hanno da spartire coi miei soliti.
Mi hanno detto che è sbagliato, che non si fa.
Ho proseguito comunque a modo mio.

Se un domani dovessi aprire blog molto più specialistici, probabilmente seguirei le regolette esposte poc’anzi. Ma Plutonia Experiment rimane così com’è. Anche la diminuzione del numero di post settimanali non mi dispiace.
Al deficit di attenzione del pubblico si risponde anche offrendo meno cose con cui distrarsi, credo.

E se dovessi consigliare a un potenziale blogger se tuffarsi o meno in quest’avventura?
Probabilmente gli direi di farlo, ma di farlo con criterio e con professionalità.
Di cialtroni ne abbiamo fin troppi, tanto che anche loro, oltre ai social media, hanno contribuito a rovinare la categoria.

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