Continuiamo a ragionare in base a ciò che sto scrivendo, vale a dire un nuovo racconto del ciclo Italia Doppelganger (ne parlavo in questo post).
Col nome di questa collana di racconti autoconclusivi, a metà tra horror e weird, ipotizzo l’esistenza di un mondo di mezzo, un’intercapedine tra il nostro – la cosiddetta realtà – e altri piani d’esistenza, come potrebbero essere (banalizzando il concetto) l’Inferno, o una qualunque dimensione parallela dove vivono creature aliene al nostro ecosistema.
Questo mondo di mezzo è “sovrapposto” al nostro. Da qui il suo nome – Inframondo. Novecentonovantanove volte su mille non ci si accorge affatto di questa coesistenza. Può però capire, in talune circostanze, che qualcuno riesca a vedere entrambe le realtà contemporaneamente. Può avvenire per effetto di qualche studio specifico (un tempo li chiamavano incantesimi, o rituali, ma hanno più a che fare con la scienza matematica), per talento naturale, o per caso.
Nell’Inframondo vivono diversi generi di creature. Ci sono i Dispersi, che sono esseri appartenenti ad altri piani d’esistenza, ma che in passato erano in grado di viaggiare nella nostra realtà e di viverci. Pensate per esempio a certi esemplari dei bestiari mitologici, come i satiri, le arpie o i rappresentanti del Piccolo Popolo. Non tutti, con l’avvento della modernità, con l’industrializzazione e con l’imporsi delle religioni abramitiche, sono tornati nei loro mondi d’origine. Alcuni sono rimasti nell’Inframondo e raramente riescono ancora a fare capolino nella nostra realtà.
Ci sono poi i Doppelganger, che altro non sono che i doppi di noi altri. Le nostre copie perfette, ma deformate, che vivono dietro lo specchio. Più noi nutriamo cattive emozioni, più i nostri Doppelganger sono attivi nell’Inframondo. Capita talvolta, di rado, che riescano a passare la soglia e a venire da questa parte. La loro maggiore ambizione è infatti quella di sostituirci. In qualunque modo.
Questa, in soldoni, è la struttura base dell’Inframondo, che vive poi di molte sfaccettature differenti.
Uno dei canali preferenziali attraverso cui la nostra realtà e l’Inframondo si possono tangere è lo specchio.
Chi di voi non mai avuto, almeno una volta nella vita, una strana sensazione, specchiandosi?
A volte ci sembra di distinguere qualche infinitesimale dettaglio differente da quello che dovrebbe essere un riflesso perfettamente identico.
Altre volte temiamo – per suggestione, sicuramente – di vedere cose strane nello specchio. Cose che appartengono solo al riflesso e non alla realtà a cui apparteniamo.
Lo specchio genera fascinazione e timore. Questo succede da sempre.
Un tempo si pensava che gli specchi fossero in grado di rubare l’anima di chi li utilizzava. Da questa convinzione deriva la tradizione (oramai caduta in disuso) di coprire gli specchi di casa, dopo il decesso di chi ci abitava, per evitare che l’anima rimanesse intrappolata.
Questo ha in qualche modo a che fare con l’incapacità dei vampiri di specchiarsi in qualunque superficie riflettente.
In alcune religioni lo specchio è (era) un potente strumento divinatorio. A tal scopo venivano utilizzate soprattutto superfici d’acqua riflettenti, col potere di manifestare il passato e il futuro. In altri casi di divinazione il riflesso mostrava luoghi lontani nello spazio, piuttosto che nel tempo.
Ancora oggi lo specchio è utile a scoprire se stiamo vivendo un cosiddetto sogno cosciente. Guardandosi allo specchio nel corso di un sogno, infatti, può dare come esito un’immagine deformata, sostituita o persino assente, indice che il soggetto non è in stato di veglia.
C’è poi, e qui torniamo ai miei racconti, la faccenda dello specchio come porta per altri mondi.
L’esempio più noto ed emblematico è rappresentato da Alice nel Paese delle Meraviglie, il cui titolo corretto è Attraverso lo Specchio.
Spesso nei mondi collegati da due o più specchi le regole fisiche e morali sono invertite. Questo è un po’ quel che accade anche nell’Inframondo.
«Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze. Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita (se realmente fosse tale, perché questa duplicazione illusoria?), io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l’infinito.»
(Jorge Luis Borges, La biblioteca di Babele da Finzioni)
Articolo di Alex Girola: https://twitter.com/AlexGirola
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