L’avevo detto, che questo sarebbe stato un autunno polemico.
Se poi ho degli amici che mi forniscono degli assist d’oro, non posso fare a meno di insaccare. Sarà l’istinto del bomber (sì, come no).
Sta di fatto che un paio di giorni fa un amico e collega mi ha confessato di essere stufo di leggere articoli di tizi che si proclamano #massimiesperti di un genere letterario qualunque, nel tentativo di farlo proprio.
Questo processo è iniziato qualche anno fa, con la Gambera e il suo staff di vapor-mostri. L’idea di stabilire un canone – del tutto fasullo e discrezionale – su cosa è steampunk e cosa no, ha attecchito su diversi lettori. Non contenti, questi letterati da bar hanno abbracciato anche altri sottogeneri del fantasy e la bizarro fiction.
Ma la Gambera è stato solo l’inizio.
Come tutte le migliori apocalissi, l’anticristo di turno ha spalancato le porte dell’inferno della mmmerda.
Le conseguenze sono visibili a chiunque si occupa di narrativa di genere e del fantastico.
Proliferano blog che, come cittadelle post-atomiche governate da pompose teste di minchia, pronunciano editti in cui dichiarano cosa è horror e cosa no, cosa è sword and sorcery e cosa no, cosa è fantascienza e cosa no (mi raccomando, The Martian non è fantascienza, sennò il lettore si spaventa!). Idem per la zombie fiction, oramai dibattuta – proprio come una salma decomposta – da due o tre gruppetti di signori delle wasteland.
Non ci sarebbe nulla – proprio nulla – di male se tali comunità si dedicassero a una meritoria opera di analisi e di approfondimento di tutti questi filoni.
E, per carità di Dio, c’è chi lo fa. Ne cito uno su tutti: Kentucky mon amour, ottimo blog dedicato al western in tutte le sue forme. Visitatelo, perché merita.
Ma per ogni Kentucky esistono almeno due imbecilli #massimiesperti pronti a cavillare su ogni commento fatto riguardo a un libro. “No, non è steampunk, direi piuttosto clockpunk!” “Jack e il Fagiolo Magico è il primo esempio di dark fantasy, ve lo dico io!”
Etc etc.
Peggio ancora sono quelli che vengono a dirti che il libro X è bello, ma che servirebbero più sangue, più parolacce, più stupri o magari più scoregge. E non lo dicono come parere personale – la cosa sarebbe lecita – bensì come verità dogmatica.
A causa di queste persone sono arrivato ad affermare che rimpiango i bei tempi in cui leggevo e basta.
Leggevo e parlavo di libri con poche persone, in modo tranquillo e pacato, senza dover fare a gara a chi ne sapeva di più, o a chi sapeva spacciarsela meglio.
Del resto questo è uno strano paese: il fantastico stava meglio negli anni ’80, quando le librerie traboccavano di libri di fantascienza, fantasy e horror. Ora, nell’era dell’interconnessione permanente, il resto del mondo va avanti ed esplora nicchie interessanti e particolari, mentre qui in Italia tali nicchie vengono occupate da ingombranti stronzi e le librerie sono invase da boiate immonde.
(A.G. – Follow me on Twitter)
Segui la pagina Facebook di Plutonia Experiment
Archiviato in:riflessioni, scrittura