CONSIDERAZIONI INATTUALI SU DUE FIERE
di Emanuele Beluffi
Cosa ci s'inventa, pur di guadagnare quattro soldi. E' intrinsecamente impossibile trasformare un luogo non deputato a ospitare manifestazioni di arte contemporanea nella sede di una fiera d'arte che non sia men che dignitosa. Ma ci provano lo stesso.
Cos'avrebbe il MiArt da invidiare ad AAM, la fiera d'arte "accessibile" realizzata all'interno del palazzo del Sole 24 Ore? Nulla. Il termine "accessibile", poi, è ipocrita: il fatto che le opere d'arte valgano l'equivalente e anche più del salario della classe media lavoratrice non significa che la suddetta debba esser messa nelle condizioni di un accesso agevolato al santuario nel quale essa non potrebbe entrare. Vuoi proprio un Boetti? Datti alla tratta delle bianche e arricchisciti.
Il nodo del contendere non è rappresentato dalla qualità delle gallerie che espongono nel palazzo di Renzo Piano (specchietto per le allodole che avrei adottato anch'io, se avessi voluto convincerle a comprarmi uno stand): naturalmente anche lì certi obbrobri non mancano, ma gli stand e le opere esposte son tutti degni, chi più chi meno. E' d'ordine logistico, il problema. Che ovviamente si accompagna al concetto stesso di fiera alternativa. Fornire un'alternativa significa dare all'utente lo stesso servizio e qualcosa di più a un prezzo più basso senza intaccare la qualità, anzi incrementandola. E una fiera d'arte in cui si entra gratis non è un alternativa così potente. Sì, certo, le performance degli artisti, i solo shows, i dibattiti e quant'altro. Ma chi se ne frega, ci sono più o meno le stese cose anche dall'altra parte. Idem per quanto riguarda la concorrenza: che senso ha inaugurare lo stesso giorno del MiArt? Che, invece, brilla per un ordinamento limpido: cura dimagrante - o repulisti, come preferite - per quanto riguarda il numero delle gallerie coinvolte, un unico piano espositivo, una parte più "concettuale" e a seguire moderno e contemporaneo assieme ma distinti e distanti. Anche lì, qualità degli stand eccellente, salvo le solite eccezioni (ma chi è quel pittoraccio che dipinge sempre le Ferrari, simbolo dell'attitudine italiota nazional popolare e del benessere cafone? Lo vedo a ogni edizione del MiArt. Costui, nemmeno alla fiera del tartufo dovrebbe esporre).
Questo modo di concepire l'arte non va a detrimento del visitatore - che si diverte comunque -, bensì delle gallerie e degli artisti: è giusto cercare compromessi, ma è TOTALMENTE controproducente realizzarne al ribasso. Perchè accettare di esporre in uno spazio angusto e intrinsecamente inadeguato a ospitare una manifestazione di arte contemporanea, a visitar la quale passano in sovrannumero curiosi e famiglie con marmocchi al seguito e più raramente collezionisti o acquirenti potenziali? I quali, giustamente, vanno dall'altra parte, dove per entrare si paga. Esemplificazione di un precetto che vale nell'arte come nella vita: nulla è gratis, se vuoi il meglio e ritieni d'esserne degno anche tu, datti da fare. Altrimenti resta orgogliosamente in disparte e raccogli le forze per l'assalto successivo.
Poscritto alla prima edizione: Naturalmente e ancora una volta, queste opinioni sono in quanto tali altamente opinabili. E l'autore delle sudate carte sarebbe pronto all'abiura se posto di fronte alla fallacia delle medesime. E' vero che, di fronte all'eventualità di spendere 2500 euro per la pubblicità su una rivista specializzata, è meglio spenderne altrettanti per uno stand fieristico in cui lavorare ai fianchi i potenziali acquirenti (se invece investi 30.000 euro al MiArt, il tuo primo obiettivo è rappresentato dal rientro nelle spese. E quando ti trovi vis a vis con un acquirente, pensi istintivamente alla quantità massima di euri che puoi riuscire a spillargli). E' vero poi che l'ambientazione meno ingessata di AAM rende la fiera "accessibile" estremamente appagante rispetto al clima noioso del MiArt. E, last but not least, anche dal punto di vista strettamente commerciale ci si può definir contenti, come confermano alcuni espositori. Ma io, a una fiera che volesse fare concorrenza non richiesta ai giganti, come Mascella d'Acciaio che voleva spezzar le reni alla Grecia, io, lì, ci andrei come visitatore e basta.