Gli uomini della terra dimenticata dal tempo
di Kevin Connor
UK, 1977
Un messaggio racchiuso in una bottiglia convince il maggiore Ben McBride ad organizzare una spedizione per soccorrere l'amico Bowen Tyler, disperso durante un'azione di guerra in prossimità del Polo. Partecipano all'avventura il paleontologo Edwin Norfolk, il meccanico Hogan e l'aristocratica Lady Charlotte Cunningham, reporter del giornale che ha finanziato l'impresa. Gli esploratori viaggiano in nave e poi, quando i ghiacci li bloccano, a bordo di un biplano, finché, assaliti da un pterodattilo improvvisamente apparso nel cielo, sono costretti ad atterrare in una misteriosa vallata che un'invalicabile catena montuosa protegge dall'inclemenza del clima polare. Qui, nella leggendaria Caprona - il continente di origine vulcanica, popolato da mostri preistorici e da barbare tribù - McBride salva la vita ad una ragazza indigena dalla quale apprende che Tyler è ancora vivo, ma è prigioniero della crudele gente dei Naga che pratica il sacrificio umano per propiziarsi Nagara Mata, temuto dio dei vulcani... (fonte: http://www.fantafilm.net)
Commento
C'era una volta, non troppo tempo fa, un cinema fatto di mostri in cartapesta, fondali in polistirolo, molta buona volontà e altrettanta fantasia creativa. Gli uomini della terra dimenticata dal tempo è un esempio lampante di quei bei tempi, andati e sprofondati nell'oblio. Il film in questione è il sequel de La terra dimenticata dal tempo, di cui mi sono occupato tempo fa. Per alcuni versi la sceneggiatura del sequel è più ingenua rispetto a quella del film-capostipite ma, visto da un'altra prospettiva, questa pellicola può considerarsi il perfetto esempio di un certo filone avventuroso che ha avuto il suo top qualitativo con Indiana Jones, per poi spegnersi quasi nel nulla. Ma su questa considerazione torneremo a breve.
Gli uomini della terra dimenticata dal tempo parla di luoghi misteriosi, abitati da dinosauri e da tribù sconosciute. Parla di gesta eroiche e riecheggia dei fasti di un'epoca in cui il mondo sembrava ancora un luogo immenso, pieno di sorprese e di misteri. Non a caso il film è tratto – piuttosto liberamente – da un romanzo di Edgar Rice Burroghs pubblicato nel 1918. Un periodo in cui non esisteva nemmeno il concetto di satellite artificiale, visto e considerato che l'aviazione stessa si stava ancora sviluppando sull'onda lunga della Grande Guerra. I viaggi erano lunghi e impegnativi, i continenti più esotici ancora in parte inesplorati (Richard Evelyn Byrd tra il 1928 e il 1947 stava ancora esplorando l'Antartide e Thor Heyerdahl cercava rotte alternative tra l'Asia e la Polinesia negli anni '30); la fantasia degli scrittori poteva ancora volare alta.
(Richard Evelyn Bird)
I film di Kevin Connor riprendono queste atmosfere, con tutti i risvolti pacchiani, voluti o meno, citati poco sopra. Ci sono i dinosauri, che convivono allegramente con le tribù di neanderthaliani. Beh, non tanto allegramente, visto che i rettiloni giganti hanno una dieta a base di carne umana. Ah, i cari vecchi dinosauri stupidi e voraci di una volta: non li fanno più come un tempo.
Rispetto a La terra dimenticata dal tempo il suo sequel mette a confronto gli eroici esploratori con una tribù più evoluta e battagliera. Il modo in cui i suoi membri vengono rappresentati è forse lo spunto più suggestivo del film: i Naga sembrano un incrocio tra dei guerrieri samurai e i Pitti del mondo Howardiano di Conan il barbaro. La plausibilità scientifica di tale melting pot etnico è un vero e proprio azzardo, ma a livello di puro divertissement funziona e incuriosisce. Lo spettro di Frank Franzetta aleggia sulla città-caverna dei Naga, ma questo è senz'altro IL valore aggiunto della pellicola.
Per il resto il film risente, come già detto, di una sceneggiatura zoppicante e di personaggi stereotipati che paiono usciti direttamente da un certo modo di intendere il cinema tipico degli anni '50, con tutti i pregi e i difetti che esso implicava. La sensazione perdurante è quella di trovarsi davanti a un film di serie B consapevole di esserlo e appagato di quel che riesce a dare agli spettatori, senza strafare e senza perdersi in chissà quali improbabili slanci filosofici. I cattivi sono cattivi, gli eroi eroici, i dinosauri stupidi bestioni che vogliono divorare gli umani. Punto.
No Indy no party
I film d'avventura, dicevamo... Esistono ancora? Se si vuole considerare il pur divertente Viaggio al centro della terra in 3D come il moderno esponente di punta del succitato filone, allora sì: esistono ancora. Eppure è evidente che il fenomeno si è sgonfiato esponenzialmente decennio dopo decennio. La Terra è oramai nota in ogni suo angolo remoto, e non è bizzarro incontrare dei boscimani che utilizzano i Nokia o degli aborigeni australiani col profilo su Facebook. Il brivido della scoperta è andato a farsi benedire e nessuno più osa immaginare una terra sperduta in prossimità del Polo, magari abitata da dinosauri o da tribù sconosciute.
Le ultime buone prove cinematografiche di questo genere sono state forse Congo e il quarto Indy. Tutto il resto si orienta oramai verso la vasta (e ricca) produzione per ragazzini oppure verso lo spara-spara videogiocoso sulla falsariga del King Kong diretto da Peter Jackson. Ma le vecchie atmosfere sono andate oramai perse, insieme al sense of wonder che accompagnava esploratori del calibro del nostro caro Umberto Nobile.