Leggi di natura (racconto)

Parliamo chiaro, ad Adone il coso non s’alzava più e lui, dopo un comprensibile attimo di sbigottimento, ne era quasi contento. Fine della ricerca della materia prima per un affare, sempre il coso, che non ragionava per niente. Adone non era vecchio, non aveva neanche cinquant’anni: una malattia l’aveva liberato da un peso. Viveva con la mamma e la mamma era contenta, a sua volta, del guaio perché grazie ad esso suo figlio poteva badare meglio a lei. Questo benedetto figlio aveva finito di consumare le sue sere, un paio alla settimana, dietro le gonne di donnacce e donnette. Anche ad Adone da un po’ non andava a genio quell’insistere esasperato nella ricerca di una cuccia per il suo “cane”. Anzi, i cani erano più intelligenti. Il coso era pretenzioso e ottuso. Quando Adone riusciva ad accontentarlo, pagando con generosità la poveretta di turno, quello si ammosciava e per un po’ lo lasciava in pace, grazie al cielo.

Poca fortuna il nostro uomo aveva con le donne. Egli era piccolo, aveva la pancia ed un’espressione perenne da pesce lesso. Come diavolo aveva fatto la natura a generarlo è un mistero insolubile. Come avrebbe potuto Adone, con quell’aspetto, onorare le pretese naturali? Magari, insistendo, si sarebbe potuto accoppiare con una sua pari, ma ne sarebbero usciti di certo figli disgraziati, destinati al disprezzo altrui per tutta la vita. La natura non dovrebbe distrarsi. Tuttavia, il nostro uomo diceva, pur tanto sottovoce che quasi non si sentiva, diceva di avere una sorta di rovescio di quella medaglia.

Egli nutriva segretamente una vera e propria ribellione alla preminenza fisica ed estetica delle cose, sostenendo a sua discolpa il valore dell’intelligenza e della sensibilità. Astrazioni? Debolezze escogitate per reagire all’emarginazione? Adone consigliava (ma in realtà il consiglio lo dava a se stesso) di passare una notte (una sola?) con Beatrice, abbracciati come fossero un tutt’uno. Egli immaginava come vere, concrete, le emozioni che ne sarebbero scaturite. Si trattava di un contatto oltre la materialità tradizionale. Si trattava di una sublimazione esemplare delle cose umane e, perché no, del mondo intero. Signori miei, avrebbe detto Adone, una notte così salva la vita ed esalta lo spirito umano.

Per essere vero mancava solo la controprova. Ma ora Beatrice, la commessa del bar, avrebbe potuto apprezzare la straordinarietà di una notte brava senza sesso.

Sarebbe stata una notte memorabile, rivoluzionaria, catartica: un premio alle virtù umane più riposte. Pensiamo ad uno spirito incarnato, ad una carne spiritualizzata!

Poteva andare? Adone cominciò a pensarci sopra e a lottare fra i pro e contro. Era ormai per i pro,  doveva solo fare la proposta a Beatrice, una iniziativa indispensabile perché, la sua presenza era capitale ai fini della riuscita dell’operazione. L’aveva idealizzata? Forse sì, ma francamente non era impossibile data la fresca e bella ingenuità di quell’angelo. L’angelo avrebbe compreso e con gioia incontenibile avrebbe aderito alla proposta. Tutto quanto pareva funzionare a meraviglia, Adone era ormai a due passi dal passo, quando una notte la sognò, sognò Beatrice.

Non era il solito angelo luminoso, splendente di purezza. Era solo un pezzo di carne, perbacco!

La sua figura era tagliata a metà e le due parti non corrispondevano: piccola la testa, sorriso un po’ ebete, occhi spenti, e grande il bacino, immensa la cosa e viscida. Sarebbe scivolato dentro e non ne sarebbe uscito più. 

Adone ebbe un senso di ripulsa e di sbigottimento. Perbacco, non voleva venir risucchiato dalla cosa e tentò di sottrarsi affidandosi ad un laborioso procedimento mentale che vedeva l’intelligenza superiore all’istinto. Invece scivolò davvero nella galleria e suo malgrado, pur percorrendola con la testa, ebbe una polluzione mostruosa che lo fece risentire uomo. Natura omnia vincit. Mah!      

 

 

Dario Lodi

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