di Umberto Lenzi
Italia, 1980
Dean Miller, giornalista televisivo giunto all'aeroporto per intervistare un noto scienziato, è testimone dell'atterraggio di emergenza di un aereo militare di incerta bandiera e, nonostante un cordone di militari circondi tempestivamente il velivolo sottraendolo ad occhi indiscreti, assiste ad un incredibile e sanguinoso scontro a fuoco tra i soldati e l'equipaggio atterrato, uscito all'aperto armato di coltelli e mitragliatori. Miller tenta di capire cosa stia accadendo ed affronta il generale Murchison, responsabile della sicurezza a terra, convinto che sappia qualcosa. Ma l'ufficiale non si sbottona e ammonisce il giovanotto a non tentare ulteriori indagini. Mentre una strana pioggia investe la città e le campagne, per le strade cominciano ad aggirarsi sinistri individui che, in stato di semi-catalessi, massacrano selvaggiamente chiunque capiti a tiro: se si vuole salvare la pelle, bisogna fuggire al più presto facendo massima attenzione a chi si incontra per via.
Boyle all'italiana
Prima di Danny Boyle e dei suoi contaminati velocipedi e iperviolenti di 28 giorni dopo, l'istrionico Umberto Lenzi ebbe la stessa pensata e la realizzò con la tipica truculenza un po' approssimativa ma per certi versi geniale del cinema horror italiano degli anni '70 e '80. Credo che sia perfino lecito pensare a una mezza scopiazzatura del buon Boyle il cui film, ovviamente, vale dieci volte quello di Lenzi. C'è però anche da dire che 28 giorni dopo è del 2002 (Incubo sulla città contaminata del 1980), e che Boyle ha riscosso qualcosa come 82 milioni di dollari in tutto il mondo, mentre Lenzi avrà tirato su sì e no qualche milioncino di vecchie lire, giusto per finanziare i suoi futuri “capolavori” (roba come Cannibal Ferox e Cicciabomba, mica Star Wars!)
Eppure a oggi, per qualche alchemico mistero, i due film godono più o meno della stessa fama e notorietà. Non solo, Quentin Tarantino, che apprezza tutte le bestiate prodotte in Italia nel passato, ne ha fatto una delle sue pellicole-cult.
L'invasione degli zombi atomici
La Invasión de los Zombies atómicos è il titolo spagnolo del capolavoro di Lenzi, e non è scelto a casaccio. Il regista di Massa Marittima ha infatti voluto mischiare un pizzico di fantascienza all'horror puro. I contaminati che scatenano l'Apocalisse sull'anonima metropoli in cui è ambientato il film sono infatti stati colpiti da delle misteriose radiazioni fuoriuscite da una centrale atomica. L'aereo da cui sbarcano i mostri sta trasportando proprio il personale scientifico incaricato di coordinare una commissione d'inchiesta sull'incidente ma, a quanto ci è dato capire, proprio questi cervelloni sono stati a loro volta contaminati dopo aver visitato la centrale difettosa.
Le mutazioni indotte dalle radiazioni causano delle orribili piaghe che coprono il volto degli infetti (a dire il vero sembra che abbiano del fango secco in faccia), inoltre conducono alla pazzia tutti coloro che ne sono rimasti esposti. Questa pazzia si manifesta attraverso una violenza insensata e senza freni, che sfocia infine nel desiderio di bere il sangue di altri esseri umani. Non è chiaro se le persone colpite dai contagiati diventino a loro volta dei mutanti. A volte sembra di sì, a volte no. Ma, considerando la vasta scala che assume l'assalto di questi mostri, è lecito pensare che le radiazioni siano in qualche modo trasmissibili per via ematica.
Trappola per topi
Bisogna ammettere che il senso d'assedio che avvolge la città è ben reso nonostante la povertà di mezzi della produzione. Gli scenari in cui avvengono gli attacchi dei mutanti sono variegati: dagli studi televisivi in centro ai drugstore delle strade periferiche, dall'ospedale al luna park dove il film si conclude. Il senso di totale ostilità della città medesima, che per assurdo offre pochissimi posti sicuri dove nascondersi, è ben trasmesso da una fotografia livida che fa a pugni col tipico stile di vita ipercolorato dei primissimi anni '80. La sensazione di una dilagante anarchia funziona – strano a dirsi – meglio che in altri film più celebrati, complice anche le scene violente e senza limiti di cui Lenzi abbonda gioiosamente.
Non mancano nemmeno i soliti militari, il cui comandante è il generale Murchinson, interpretato da un sempre bravo Mel Ferrer. Neanche a dirlo le Forze Armate rivestono il consueto ruolo di repressori, pronti a nuclearizzare l'intera città pur di fermare il contagio.
Difficile dunque annoiarsi in un film che riesce tutto sommato a mischiare abilmente una certa crescente suspance a un ritmo senza momenti morti, che corre filato per 92 minuti verso il demenziale finale.
Il demenziale finale
Appunto: come rovinare una discreta pellicola con due minuti d'idiozia pura. Quando i nostri eroi stanno per soccombere ai mutanti radioattivi ecco che Dean Miller si sveglia nel suo letto e scopre che è stato solo un incubo. Solo che il telefono suona in quel momento e il suo caporeddatore gli comunica che all'aeroporto sta arrivando un Boeing che trasporta un team di scienziati, ma il cui pilota non risponde più alla torre di controllo. L'incubo diventa realtà!
E la realtà diventa una pernacchia.