Intervista a...Paolo Maggis

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Intervista a...Paolo Maggis

 

"Che cosa è l'uomo nella natura? Un nulla di contro all'infinito, un tutto di contro al niente, un mezzo tra niente e tutto. Infinitamente lontano dal comprendere gli estremi, la fine delle cose e il loro principio sono per lui invincibilmente nascosti in un segreto impenetrabile, ugualmente incapace di vedere il niente da dove è venuto come l'infinito in cui è inghiottito" (B. Pascal).

Pascal ci pone dinanzi al confronto con l'infinito, con quello che c'è ma non si vede, quello che appare ma non del tutto.

Lo stesso infinito presente nei lavori di Paolo Maggis, in cui l'apparente confusione delle immagini date da una pittura veloce ma profonda, assale l'osservatore con i suoi potenti colori. I colori, paiono chiamare ad una vita al di là delle tele, e il fruitore attento, si trova a dover affrontare argomenti spesso a lui sconosciuti. L'infinito di Maggis nasconde un qualcosa di finito, qualcosa a cui una risposta si può dare, differente per ognuno di noi, ma essa c'è, celata in una potenza del lavoro che ci costringe a dire: “così tra questa Immensità s’annega il pensier mio, e il naufragar m’è dolce in questo mare” (G. Leopardi).

 

1) Che rapporto c'è fra te e le tue opere?

Abbiamo un rapporto curioso. Dal loro concepimento alla maggior etá si alternano momenti di intenso amore, di emozione per le direzioni inaspettate che le migliori riescono a prendere e contemporaneamente di odio quando le cose non girano, quando fanno i capricci, non vogliono crescere o si ripiegano su loro stesse. Raggiunti i “18” la relazione cambia... e a volte mi sorprendo orgoglioso a guardarle. A volte dopo anni quelle che mi sembravano le meno dotate mi sorprendono con una energia inaspettata.

 

2) Ogni artista ha un messaggio specifico che vorrebbe lasciare a chi osserva e fruisce delle sue opere: quale è il tuo?

Vivere. L’arte, la musica e la cultura in genere servono a farci vivere meglio, ad aprirci il cuore alle emozioni, riflessioni ed al pensiero. Voglio che le mie opere assorbano l’energia del mondo e la ritrasmettano amplificata. L’arte é un amplificatore che ti permette sentire i suoni che si nascondono sotto al rumore.

 

3) Credi che l'artista oggi abbia un compito ben preciso?

Credo che l’artista abbia il compito di riportare il centro dell’universo, il centro della Vita nella vita delle persone. Ha il compito di far sognare per cosí generare un mondo migliore. Senza arte e cultura l’essere umano perde di interesse. Ció che differenzia principalmente l’uomo dall’animale non é l’intelligenza, ma bensí la capacitá di emozionarsi di fronte alla bellezza.

 

4) La poesia, la musica, il teatro e l'arte vivono di cose dette ma spesso soprattutto celate. Il tuo lavoro apparentemente casuale lascia qualcosa di non detto, indefinito, in cerca di una o più soluzioni che ognuno tende a dargli. Quanto è importante per te non svelare del tutto l'intimità delle cose?

Le cose non dette son sempre le migliori. L’erotismo nasce con la decisione di una donna di mostrare una parte del corpo che faccia intuire il resto ma che non lo esponga. Io credo nell’erotismo della vita... credo che sia piú importante amare l’intimitá delle cose piú che volerla svelare. Lasciare che alcune cose rimangano celate per me ha il valore di un atto d’amore.

 

5) Il cane accompagna la vita dall'uomo da secoli, e diventa suo fedele amico e compagno in ogni momento della sua vita. Nel mondo dell'arte le rappresentazioni con, e dei cani, spaziano dalle scene quotidiane all'incarnazione di simboli e allegorie. Tu ami molto i cani, e in particolar modo il tuo fedele Darko, che ultimamente hai anche rappresentato. Ma cosa rappresenta realmente per te questo compagno di viaggio?

Darko rappresenta la vita. Alle volte mi appoggio con la testa su di lui o lo abbraccio e trovo in quel calore l’abbraccio della vita e la pace. Stare con Darko, passeggiare con lui mi tranquillizza, mi rasserena, mi fa sentire bene senza troppe parole o discorsi. Darko é il sogno ad occhi aperti del bambino che leggeva “Zanna Bianca”. 

 

6) Il lavoro di un collega che avresti voluto fare tu?

Ci son molte opere che mi piacerebbe possedere ma che avrei voluto fare nessuna in particolare. Amo il talento di molti miei amici e colleghi ed ho sognato di possedere la tecnica o la capacitá creativa di qualche artista nello specifico, ma nel fondo ho sempre sentito che la mia strada era un’altra. Non voglio dire migliore o peggiore, ma semplicemente la mia.

 

7) Siamo invasi da giovani che tentano in ogni modo di diventare qualcuno, spesso a scapito dell'originalità, dando spazio, a “copie malfatte” pur di vendere. Come risolvere un problema come quello (spesso richiesto da galleristi sciacalli) di cambiare il proprio lavoro per entrare a fare parte di un mercato? Non è forse più importante lo spirito e il sentimento che ognuno cerca di trasmettere con il proprio lavoro? Dopotutto, se ami fare l'artista ma non sei bravo, non conviene cercare di fare altro?

Credo e spero che ognuno di noi abbia un compito nella vita e la vita é solo quell’“attimo” di tempo  che ci han dato per cercare di realizzarlo. Non per il concetto di “compito”, ma perché solo nella realizzazione di se stessi si puó raggiungere la felicitá. 

Il problema non é diventare qualcuno (che, se si é un po’ furbi e si sanno le regole del gioco, é un obiettivo relativamente semplice da raggiungere), il problema é ESSERE qualcuno. Chi vuole essere non ha tempo da perdere. 

Purtroppo il sistema culturale é costruito per coprire tutte le “fasce di mercato”  e le esigenze. Il fenomeno di cui parli nasce da un equivoco e si sviluppa in maniere piú o meno evidenti a tutti i livelli del sistema cultura. L’unica soluzione che vedo é ricominciare a pensare alla cultura come un’espressione della vita. 

Bisogna ricominciare a vivere per poter essere.

 

                                                                                                                                                                                                                                                       Martina Adamuccio

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