Intervista a Gianni Cuomo, (Parola agli Artisti 6)

 

 

Nato a Battipaglia (SA) nel 1962, vive e lavora a Milano.
Gianni Cuomo risponde alle nostre domande:

Cosa rende un artista affermato? il consenso della critica, il consenso del pubblico, o le vendite?
Secondo me, nessuna di queste cose. È la consapevolezza dell'essere artista e delle cose che fa a rendere uno affermato; il mercato può essere una conferma, però l'artista affermato è quello che sente veramente di essere tale dentro di sé. È una consapevolezza che all'inizio non è così scontata: prima che un artista riesca ad arrivare ad avere una “cifra stilistica” passa del tempo, sperimenta, ricerca, fino ad arrivare ad un punto in cui si riconosce totalmente nel lavoro che fa, allora a quel punto è completo, pur non finendo mai.
Un artista è come un bambino, ha bisogno di fare esperienza per crescere, non può ritenersi subito maturo, anni di sperimentazione sono necessari per uno studio, un confronto; un giovane non può essere, dal mio punto di vista, già formato, c'è bisogno di tempo.

Potresti descrivere qual è la costruzione di una tua opera e i materiali che preferisci?
Se parliamo dell'opera attuale, cioè la scultura, che è quella che ormai mi riesce meglio – non tecnicamente, ma per trasmettere quello che sono i miei pensieri e il mio modo di raccontare – è una scultura che in realtà tecnicamente non è mai conclusa. È iniziata come solo cartone, poi successivamente è entrato del metallo, del legno, dell'alluminio – che ora sono i materiali principali. Però non ritengo che sia una tecnica finita, se trovassi in futuro un altro materiale che mi piace, lo inserirei. È un work in progress.
La costruzione arriva solo attraverso il pensiero, immagino una rappresentazione che riesca a veicolare un mio pensiero, un mio percorso visivo, quindi mi metto a costruire questo ominide; magari anche durante la creazione posso cambiare idea, mutarne l'aspetto e la posizione. È un po' come se vivesse e crescesse con me. Poi, una volta finita, la scultura non mi appartiene più, perché secondo me un'opera è di tutti, non deve trattenere l'interpretazione e il pensiero solo dell'artista; ne trattiene l'intento artistico, ma non il pensiero.

Potresti descrivere/sintetizzare in poche parole la tua ricerca artistica?
In ogni cosa che ho fatto in ambito artistico, ho sempre cercato il lato più oscuro, non so perché: la critica, il lato visivo più sgradevole. Le mie opere non hanno un impatto felice, non hanno piacevolezza retinica, per dirla alla Duchamp, tutt'altro. Non so spiegarne il motivo, ma sicuramente alla base del mio lavoro c'è sempre stata una riflessione critica nei confronti della società, nei confronti di un sistema che poi noi ci imponiamo, in realtà. La critica è quindi a noi stessi, siamo noi gli artefici di questo sistema.

Arte è anche o sopratutto vernissage e mondanità?
L'arte è l'opposto di questi due aspetti. Le inaugurazioni non c'entrano niente con l'arte. Sembrerà paradossale, ma ne sono fermamente convinto. Il vernissage è la presentazione di un ciclo di opere che la galleria fa per un artista. Ma il vero momento artistico è quello che vive l'artista nel suo studio, di fronte alla sua opera.

Se dovessi spiegare l'arte contemporanea ad un bambino cosa diresti?
Quello che, a volte, tento di dire a mia figlia, che propriamente non è una bambina perché ha quasi sedici anni, è che l'arte contemporanea è qualcosa di indefinito. L'arte non si può definire, è una forma di espressione del sentimento umano che si materializza poi nell'oggetto, ma non è catalogabile, non saprei che tipo di definizione dare, potrei al limite fare degli esempi, prendere opere di artisti contemporanei e metterle a confronto con artisti moderni. Ma una definizione no, non c'è una definizione.

Che musica ascolti?
Molta musica jazz, e poi tutto il mio retaggio della musica rock degli anni '70/ '80: Janis Joplin, Jimi Hendrix, i Doors, i Pink Floyd...
La musica per me è veramente fondamentale, l'ascolto sempre, quando lavoro, quando sono in macchina. Influenza molto la mia opera, ci sono alcune delle mie sculture che trattengono la musica dei Pink Floyd, che quando vedo mi fanno venire in mente esattamente il pezzo che stavo ascoltando magari anche solo durante una fase della loro lavorazione. Una a cui sono molto legato si chiama proprio “Wish you were here”. Secondo me la musica c'entra tantissimo con l'arte visiva, che la trattiene durante la sua creazione, fino quasi a veicolarne il gesto.

Che libri leggi?
Leggo pochissimo, perché lavoro tanto, ma mi piacciono i libri “psicologici”, quelli in cui il nocciolo della questione è la psicologia più che il movimento e l'azione. “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley è uno che ho letto recentemente, come “L'uomo a una dimensione” di Herbert Marcuse, “Il muro” e “La nausea” di Jean-Paul Sartre.

Cosa guardi in televisione?
Niente, quasi niente. Non mi piace la televisione, non mi piacciono i programmi televisivi, raramente trovo qualcosa che mi interessa. Anche i programmi pseudoculturali, alla fine sono totalmente vuoti. Mi annoia a morte la televisione. Preferisco ascoltare la radio, la musica.

Hai un colore preferito?

Ne ho due, il bianco e il nero. Due non colori, perché, a parte l'indigestione di colori che ho fatto nel mio periodo “pop”, il colore è la vibrazione della retina, è qualcosa di un po' artificiale, che molto spesso, anche in pittura, viene usato solo come fatto scenografico, non realmente come motivazione. Sono arrivato a utilizzare solo il bianco e il nero ormai da anni, ed è secondo me una strada di non ritorno, dal nero difficilmente si torna indietro.
Il bianco per me non è sottrazione, è totalità dei colori, raggruppa tutto lo spettro, è la perfezione del colore; mentre il nero è la perfezione del colore in maniera opposta. Per me, il buio può essere bianco e la neve nera. Il buio è qualcosa di immateriale, di indefinito, quindi chiudendo gli occhi può anche apparire bianco; la neve è nera, perché è incolore, la percezione visiva te la dà bianca ma se la guardiamo di notte è nera.

Artista preferito? (anche artisti contemporanei)

Preferito, direi di no. Ce ne sono tanti importanti per me, che io ritengo tali, per le opere che hanno creato. Cito Marcel Duchamp, per la carica intellettuale che aveva nell'approccio all'arte; e Piero Manzoni, che per me era il nipotino di Duchamp, con le sue caratteristiche completamente diverse dal primo. Potrei dire anche Lucio Fontana, nella sua concettualità; ma di Fontana ritengo che il grande gesto sia stato il primo taglio sulla tela, tutti gli altri son delle repliche. Mi piacerebbe molto vedere la prima tela che ha tagliato, tutte le altre no. Duchamp era un artista non artista, quando parlava con altre persone, si definiva uno scacchista, tant'è che molte opere d'arte le faceva realizzare, la sua opera era l'idea, il progetto. È l'antitesi di ciò che è l'artista oggi, è l'artista immateriale.

Da Artista, potresti descriverci quale pensi essere il compito di un buon critico d’arte?
Il critico dovrebbe essere obiettivo. Alla base del suo essere dovrebbe esserci l'obiettività del suo lavoro, quindi la libertà di dire bene o dire male, per le proprie opinioni, e per il proprio background artistico, per le conoscenze di studio che ha alle spalle. Potrebbe anche andare contro a ciò che è la mia opera, non è impossibile che un critico non apprezzi la mia arte, e la cosa mi farebbe piacere perché vorrebbe dire che finalmente ho di fronte una persona che ha visto l'opera in maniera critica, cioè secondo il suo punto di vista. Il critico dovrebbe essere come il giornalista.

Leggi riviste d’arte? Quali?

Sempre meno. Guardo le figure, ma non leggo ormai più nulla, perché sono sempre le solite cose già sentite.

Cosa pensi della diffusione dell’arte attraverso le nuove tecnologie, il binomio arte/internet,
aiuta o penalizza?

Aiuta sicuramente per la diffusione, fermo restando che un'opera va sempre vista dal vivo. Io non escludo la tecnologia, non sono contro la tecnologia, ma bisogna saperla usare anche con i modi giusti.

Gianni Cuomo, particolari dall'installazione (mixed media, 2003-2009) realizzata per la mostra "Tra il bianco e nero", Galleria Il Torchio - Costantini (Milano), luglio/settembre 2009.

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