Intervista a Nunzio Paci, di Andrea Lacarpia
Nunzio Paci (1977 Bentivoglio, vive e lavora a Bologna), con una pittura dalla tecnica complessa e dai toni tendenti ai caldi bruni del bitume, descrive bizzarre anatomie con innesti vegetali, animali e umani. Ha risposto a qualche domanda per Lobodilattice.
Mi descrivi la tua pittura?
Libera da qualsiasi regola, non convenzionale, in evoluzione.
Quando e come ti si è mostrato il desiderio di dipingere?
Non ho un ricordo specifico... Da sempre ho l'esigenza di utilizzare un mezzo espressivo per comunicare, considero la pittura una forma di terapia naturale. Negli anni ho subito i cambiamenti di questa esigenza ma non ricordo quali siano stati i momenti specifici. Chiaramente l'età ha condizionato anche le motivazioni che mi hanno spinto a continuare.
Artisti si nasce o si diventa?
Credo che l'attitudine o la predisposizione dipendano da fattori genetici. Ma essere artista non significa solamente avere passione per il proprio lavoro come un artigiano ha passione per il proprio manufatto. Essere artista significa avere la consapevolezza di essere artista e la certezza che questa condizione non potrà cambiare mai.
Le tue prime esperienze espositive?
Nel 1992 ho iniziato dipingendo in strada a Bologna con parecchi amici writer e per diversi anni abbiamo vissuto momenti unici che, purtroppo, non ritorneranno più... Credo che quello fosse il vero spirito di condivisione, dell'esporre e dello stare insieme. Poi le mie esigenze sono cambiate, la visione della pittura è mutata, la consapevolezza dei limiti pittorici si è palesata e ho inconsciamente dovuto cercare nuove forme di espressione...
Nelle tue opere compaiono spesso immagini che sembrano tratte dai manuali di anatomia e di botanica, da cosa nasce questo tuo interesse?
Credo nasca dalla mia ipocondria congenita e dall'interesse che ho per le malattie. Inizialmente ho cercato di riprodurre pittoricamente quello che le malattie riproducono sulla materia organica, ora il lavoro ha tratti più caratteristici con rimandi più chiari.
Nei tuoi dipinti descrivi minuziosamente l'anatomia di esseri ibridi, innesti umani in animali e vegetali. Mi racconti questa scelta?
Più che una scelta è il risultato dell'evoluzione della mia ricerca che nasce da alcune letture legate al “meticciato culturale” nelle Americhe del sud. Nella mia visione questa contaminazione avviene attraverso un processo del tutto naturale dove l'interpretazione gerarchica dei ruoli scompare e la mescolanza e la trasformazione sono intese come mezzo conoscitivo della realtà circostante e di se stessi.
Mi descrivi la tecnica che utilizzi?
Non utilizzo una tecnica specifica, lascio che siano le immagini a guidarmi verso gli strumenti più idonei per poterle rappresentare. In passato mi sono trovato spesso a non avere le vernici giuste per poter dipingere e allora ho dovuto sviluppare un'attenzione speciale verso tutto quello che mi circondava...
Hai mai utilizzato altri mezzi oltre alla pittura, come la scultura, l'installazione o il video?
La tentazione è sempre stata forte ma al momento non riesco ancora a staccarmi dal supporto tradizionale. Spesso ho immaginato i miei soggetti muoversi in una video animazione ma ho sempre trovato una scusa per non portare mai a termine questo mio progetto. E' probabile che un giorno non riesca più a trovare scuse e vorrà dire allora che sarà giunto il momento di iniziare...
Nei tuoi dipinti la gamma cromatica è ridotta al minimo, per quale motivo?
L'ho notato anch'io... forse perché non amo particolarmente i colori. Mi piace vivere la pittura come un artista informale e lasciare che le mie forme prevalgano sulla pittura. Credo sia una questione di equilibri mentali...
Ci sono degli ambiti esterni alla pittura che contaminano il tuo lavoro?
Tutto condiziona il mio lavoro... purtroppo.
Quanto la vita contamina l'arte e quanto restano ambiti separati?
Credo che per un artista l'arte sia parte integrante della propria vita e che non sia possibile ragionare se non in funzione del proprio lavoro.
Ti piace parlare o scrivere delle tue opere e del tuo percorso artistico?
Chiaramente dipende dall'interlocutore. In questo caso sì. In linea di massima credo sia importante parlare del proprio lavoro ma non indispensabile...
Credi che nel mondo dell'arte si dia abbastanza spazio agli artisti per esprimersi e per raccontarsi?
Io credo che il “mondo dell'arte” sia lo spazio che ogni artista riesce a ricavarsi dal proprio quotidiano...
Se un artista decide di condividere il proprio lavoro allora vuol dire che è giunto il momento di scontrarsi con mille problematiche in un sistema costituito da individui autoreferenziali in competizione: artisti troppo orgogliosi e gelosi delle proprie conquiste espositive, curatori poco disponibili a visionare il lavoro di artisti sconosciuti, critici alle prese con le proprie seghe mentali, spazi istituzionali che dovrebbero essere pubblici ma che così non sono, ecc...
Quali artisti ti piacciono o ti hanno ispirato, nella storia dell'arte e nel contemporaneo?
Tantissimi artisti penso che mi abbiano aiutato a capire meglio il mio percorso ma credo che “l'ispirazione” possa arrivare solo da una personale visione della vita e non dalla ricerca stilistica di altri artisti.
Mi parli dell'arte contemporanea in Emilia?
Mi piace pensare all'arte come un grande sistema senza confini geografici e colori politici. Voglio smettere di credere che chi ha la fortuna di crescere in una “regione industrializzata” sia artisticamente più fortunato di chi vive in un paese alla periferia del mondo...
La tua giornata come si svolge? Cosa ami fare e quali posti ami frequentare?
Sono l'essere vivente più pigro della terra, dopo il bradipo (Bradypus tridactylus) ovviamente, per questo la mia giornata si svolge in funzione di questa caratteristica...
Il tuo più grande desiderio?
Essere uno sportivo, ma la vedo dura!
Galleria di riferimento:
Officine dell'Immagine – Milano