Siamo sicuri che l'artista di questo secolo abbia la capacità di caricare di contenuti il linguaggio del web?
Vive e subisce sindromi da stress moltiplicate; oscilla e vive tra attacchi di panico e depressioni; vive e subisce la mancanza di passione dell'ambiente che lo circonda.
Il web lentamente sta spostando il linguaggio dell'arte dal discorso interattivo all'immagine imposta, quanta comunicazione on line è fatta d'immagini e non di testi?
L'immagine ci dirotta e sospende la capacità critica e ci trascina verso l'istintiva viralità, il meme è uno stimolo emotivo che con la concettualizzazione e l'intelletto dei linguaggi artistici del secolo passato non ha nulla a che vedere.
Non a caso, mentre negli anni novanta io mi formavo e ragionavo su una idea di "intelligenza collettiva", oggi si ragiona in termini di "emozione connettiva".
Non a caso, le mie numerose diffide sono figlie di una cosa che non andava fatta e che ancora oggi è inaccettabile nel manuale del buon comunicatore on line: dire e scrivere delle cose quando le pensano tutti gli altri, quando sono impossibili da cambiare ma fabbricano consenso.
Il web e la rete, sarebbero in grado di autogovernarsi e stabilire autonome reti di determinazione comunitaria se rispondessero alla logica della rete di sistema casuale, ma non è così.
Il web non è una rete dove a qualsiasi nodo è consentito entrare in relazione con un altro.
Il sistema web, soffre ancora della legge di potenza, ci sono dei nodi che accentrano le connessioni.
Il reale problema del web e delle piattaforme social non è nella libertà di elaborazione di un concetto, di un pensiero, di un linguaggio o di una informazione, ma nella sua possibile invisibilità o inosservazione perché nessuno lo leggerà.
Una delle variabili che influenzano il misterioso algoritmo di Google attribuisce importanza e valore a una pagina nella misura in cui viene linkata da altre pagine, questo materializza on line e trasversalmente, il pensiero unico d'artista, anche nell'attribuzione della sua scala di valori semantica e iconica.
Quando il linguaggio si avvita su se stesso e sul consenso della maggioranza della popolazione globale ed è eterodiretto dai media di massa, a cosa assistiamo se non a un livellamento che trivella sempre più in basso nei contenuti fino a trovare il petrolio della mediocrazia?
Serve il diritto al dissenso per alimentare i linguaggi tutti, non solo quelli dell'arte, serve pluralità linguistica e critica per rimediare all'appassimento e all'omologazione dei linguaggi dell'arte.
Dopo questo ragionamento di cosa posso raccontarvi?
Di una pop girl band olandese, le Adam, che cantano "Go to on" con un vibratore tra le gambe, ottenendo ovviamente un buon risultato virale con la video performance d'arte con vibratore applicato.
Cosa non si fa nel nome dell'arte e della cultura per fare viaggiare il proprio prodotto artistico attraverso il web?
Nulla, ma veramente, realmente nulla.