I fratelli Chapman? Pedopornografici.
L'arte è un valore e un linguaggio simbolico e sociale, il problema nodale è che il valore di mercato dell'arte prodotta in una comunità, in una città o in un territorio, non corrisponde o vive una condizione marginale, rispetto dei valori di mercato concepiti altrove.
Il libero mercato (?) delle lobby private e delle case d'aste internazionali spesso in accordo con privati, è una insidia perché azzera l'economia artistica di un territorio, fatto di economia e simbolismi reali.
Non c'è lo scambio è il valore del denaro è deviato dal suo scopo, non è vitale, ma genera se stesso.
Non esiste nell'attuale sistema dell'arte contemporaneo globalizzato una naturalezza del valore economico dell'arte.
Il mercato dell'arte, è fondato sulla convenzione del fare aumentare artificialmente il valore del prezzo dell'oggetto (a firma d'artista, ma in realtà detenuto da un privato) attraverso l'accaparramento.
Questo impone un valore di scambio e di affermazione di un linguaggio su di un altro che non dipende assolutamente dalla volontà delle parti, ma dal privato che lo detiene.
Un linguaggio identitario non può avere un valore economico universale.
Il valore economico, nell'attuale e privatizzato sistema dell'arte contemporanea non ha il potere di istituirsi simbolicamente, ma è istituente.
L'arte contemporanea oggi (incredibilmente nessuno affronta l'argomento con serietà) ha l'inconveniente di essere un valore aggiunto e il fiore all'occhiello della corruzione (non solo dell'artista).
Si compra al minore prezzo possibile, si crea l'artista e lo si mette in condizione di vendere (o svendere) le proprie eccedenze, guadagnando così denaro sul denaro e anche sull'artista; fare denaro con il denaro è un obiettivo inconciliabile con la ricerca di un linguaggio di artista come bene simbolico e comune.
Arriviamo al fatto "Pedopornografica", è stata definita l’opera Piggyback dei fratelli Chapman esposta al Maxxi di Roma.
Il lavoro raffigura una bambina in piedi e un’altra seduta sulle spalle della prima, dalla bocca di quest’ultima esce un pene.
L’opera secondo Anna Mattirolo, la direttrice Maxxi arte, "gioca" sul senso di moralità.
Ma il gioco nel mondo degli adulti, specialmente quando inconsapevolmente a carico del contrinbuente, non dovrebbe essere condiviso?
Antonio Marziale presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori chiede la rimozione lavoro e di non esporlo mai più, perché pedopornografico.
La Mattirolo ha così anticipato di qualche giorno la sostituzione della scultura rispetto al previsto per la normale turnazione delle opere.
Ben venga la tutela del diritto dello spettatore a rifiutare in luogo pubblico una imposizione linguistica (seppur ludica) che non condivide, il linguaggio non lo si può imporre, con il linguaggio dell'arte si deve potere confutare per poterlo determinare simbolicamente.
A proposito, proprio qualche giorno fa Jake, il più giovane dei due ha sostenuto, in un’intervista all’Independent, l’inutilità di portare i figli piccoli a visitare mostre e gallerie, perché «far capire l’arte ai bambini è una totale perdita di tempo».
Io forse sono d'accordo con lui e chiuderei mostre in musei d'arte contemporanea e in gallerie private, l'arte è determinata dal suo linguaggio che si autogenera nel territorio del pubblico e delle comunità, la sua privatizzazione non serve a nessuno che non sia il privato con il suo mercato che crea denaro dal denaro, ma imbalsama il linguaggio, la pedopornografia nessuno vieta a un facoltoso privato di godersela con il suo rinomato artista di mercato, ma imporla ludicamente a valore pubblico è qualcosa quantomeno da potere tornare a discutere sul valore simbolico dei significanti.