L'arte contemporanea? Nelle case occupate!
I linguaggi dell'arte, si assomigliano tutti nelle domande che pongono, mutano le risposte fornite. Tutti i ragionamenti sono però fondati su rapporti tra spazio e identità; identità e alterità; tra alterità e contemporaneità; tra le relazioni di potere e quant'altro.
L'artista è sempre in una posizione di osservatore osservato, un esploratore degli individui che si relazionano collettivamente; incarna la linea di confine tra il simbolo sociale e l'immaginario individuale, continuamente rinegoziato; nella ricerca continua degli altri vive una forma speciale di solitudine.
Lo spazio e il tempo sono la materia prima della sua costruzione simbolica.
Arriviamo a Mauro Cuppone e il suo progetto "Not Here", virale e diffuso.
Il progetto-lavoro nasce al Maam, «Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia» di via Prenestina, i media parlano di un curatore, ma in reltà quella del curatore è una intermediazione che nell'arte contemporanea non ha più senso, è un laboratorio d'arte e di artisti al servizio del pubblico, coordinato da un artista, Giorgio De Finis.
Apro una parentesi, lo stesso accade con il Cam di Casoria , l'artista è Antonio Manfredi; e con il Museo a Cielo Aperto di Camo con Claudio Lorenzoni.
Torniamo al Maam, un gigantesco falansterio, dove quattrocento artisti stanno connotando e caricando simbolicamente, culturalmente ed emotivamente uno spazio ex industriale abbandonato (il salumificio Fiorucci); lo spazio è occupato da duecento persone di una cinquantina di etnie diverse: rom, italiani, stranieri, insomma una residenza e una comunità della moltitudine che produce in loco una moltitudine di linguaggi artistici.
Not Here/Non qui è una gigantesca lettera «X» gialla, studiata e pensata per essere vista da Google Earth; una croce gialla che evidenzia un luogo come nelle mappe del tesoro, niente a che vedere con i "non luoghi" dell'arte contemporanea con la loro asetticità e conformità spaziale.
Uno spazio che «marginale» non è e che va difeso e non vilipeso e offeso.
Il lavoro di Mauro Cuppone è dichiaratamente politico (ma tutto il MAAM lo è), contro il recente «Piano Casa».
Le enormi croci-bersaglio, sono luoghi da non sgomberare/demolire, si demolisca un altro tipo di cultura artistica contemporanea, quella che vive d'intermediazioni a carico del contribuente per interessi privati, qui si dice agli Yankee di tornare a casa.
Uno sberleffo come quello che lo stesso Cuppone ha indirizzato al pubblico non disinteressato che finge di non comprendere, con lettere cubitali attraverso una insegna che sovrasta l’ingresso del Maam: «Fart».
Cuppone ha intenzione di mappare tutti gli spazi occupati a Roma, in maniera tale da poterli visitare in tour attraverso Googlee map, un’opera d’arte collettiva e interattiva, di movimento su scala urbana in difesa della lotta per il diritto all’abitare.
Chi atterra o decolla da Roma, può già inseguire queste «X», dal Maam-Metropoliz, al «4 Stelle occupato» su via Prenestina, ex albergo dove vivono 600 persone; dal Nuovo Cinema Palazzo di San Lorenzo a Casal Boccone; dal Porto Fluviale nel «Lucernario» dell’ateneo La Sapienza a tante altre occupazioni abitative.
Buona visione e buon viaggio nell'arte del vivere e sopravvivere contemporaneo, che i media di massa tendono a omettere, ma i linguaggi dell'arte come sempre, rappresentano e evidenziano.
A proposito, gli autori rendono disponibile anche un kit fai-da-te per riprodurre ovunque il simbolo e la scritta "Not here".