"L'opera d'arte ha un profumo che svanisce in fretta, alcune settimane, al più qualche anno. Poi resta una noce secca classificata dagli storici alla voce "Storia dell'arte"". Marcel Duchamp, 1952
L'arte contemporanea è una macchina, un luogo dell'essere dove si dorme, si mangia, si attende, si legge, ci si connette, si fa l'amore e dove si riflette.
Si ascolta la propria musica, si parla dall'alta voce per coprire il rumore del motore e dei motori.
Con l'automobile si entra nell'età adulta, è la nostra tana, dove ci isoliamo e conviviamo nel nostro essere animali passati da una condizione di nomadi sociali a nomadi antisociali.
L'automobile in movimento la abitiamo, la addobbiamo e l'adattiamo al nostro essere, dal nostro parabrezza osserviamo il mondo in permanente movimento e connessione, è la nostra libertà fatta gabbia privata.
La nostra automobile è la nostra libertà sottovetro.
Quando esce dalla propria automobile, l'arte contemporanea si connette, 24 ore su 24, virtualmente persevera nella sua condizione di connessione disgiunta.
Tutto questo è un sistema dal quale non si esce nel nome della tradizione, certe tradizioni fanno cagare (avrei potuto scrivere escrementare), ma paradossalmente siamo diventati retorici nel fare perseverare la tradizione, anche quella recente, quella figlia della rivoluzione industriale, le tradizioni sono fatte per essere superate dal tempo e non conservate, la tradizione nasce, cresce e muore, non è trascendentale e neanche spirituale è un comportamento acquisito che si deve modificare.
I linguaggi dell'arte hanno il dovere di discutere e superare convenzioni e tradizioni e di adattarsi e guidare le mutazioni.
Il linguaggio dell'arte deve essere critico e la sua critica è un tesoro costruttivo, serve a superare convenzioni e Accademie, serve a recuperare una condizione naturale in un territorio geneticamente modificato.
Le recinzioni e le nicchie di sistema vanno superate, bisogna estraniarsi da loro per esserne immuni, l'incompetenza dell'artista nei confronti di un circuito che lo vuole professionista, salverà il linguaggio dell'arte.
Il linguaggio dell'arte, quando diventa specializzato, alimenta il bulimico magna magna incondizionato, patinato e mascherato da esperienza culturale di sistema.
Vernissage con degustazioni e prodotti tipici ne sono l'essenza plastica.
L'arte contemporanea in aree protette non funziona, come si può fare ragionamenti sul senso del lavoro di un artista con una pizzetta alle acciughe tra le mani?
Come si possono fare riflessioni intelligenti con un bicchiere di vino in una mano e una frittata di piselli nell'altra?
"I dipinti hanno una vita limitata. Diventano sempre più come ce li ricordiamo. Ma una volta che questo accade il dipinto è morto".
Rauschenberg
Nel mercato e nell'industria culturale artistica contemporanea, il processo vive se si adombra; solo in questa maniera il linguaggio dell'arte sfugge alla patina, al chiacchiericcio degli addetti ai lavori; alla semplificazione degli obiettivi, dei debiti e dei crediti didattici; che allontanano dalla comprensione dell'arte come linguaggio mobile e diffuso.