Paolomaria Giannotti, Born 03.09.1963, Naples, Italy.
Current –Since 2010:
Exhibition Designer at Maraya Art Center, Sharjah
Capital D Gallery, Dubai.
• Design and supervision of temporary projects.
• Coordinating between different companies that operate in the project.
• Supervision of shipments of artworks.
• Planning, organization and realization of team projects
Paolomaria Giannotti: Destinati ad essere vecchie foto.
Cominciamo dal tuo ruolo di addetto ai lavori dell'arte, privo di limiti e vincoli posti dalla "specializzazione" e dal "mercato" del secolo passato, tu sei un curatore, un artista visivo, ti formi come architetto e ti sei realizzato professionalmente nel pieno flusso della cultura mediterranea, quanto di questa tua azione e progetto di vita, senza limiti di forma e spazio è figlio della tua formazione napoletana?
Ho avuto la fortuna di crescere umanamente e culturalmente in un ambiente unico: quella Napoli degli anni ottanta che è stata in unicum in Italia ed in Europa.
Una stagione irripetibile costruita da uomini unici...
Dalla musica all'arte, dal teatro al cinema, "quella Napoli" è stata anche se per un breve periodo, una vera capitale della cultura.
Lasciami dire che comunque quel poco di buono che ho realizzato, l'ho costruito andando all' estero: sopratutto in Asia dove tante sono le risorse e tanto e' l'interesse per la cultura.
Le ragioni di queste sono molteplici e naturalmente ne possiamo parlare.
Affronti spesso nel tuo lavoro, proprio l'aspetto spazio temporale, usi vecchie immagini che moduli ritmicamente a secondo del contesto di confronto e ne fai installazioni, penso a lavori come "Game of life", dove vecchie foto in equilibrio precario formano un castello di carte, questo è il gioco del vivere?
Un castello di carte che si materializza qui ed ora che può essere abbattuto con un soffio di vento?
Io non uso vecchie immagini, come non uso vecchi oggetti.
In questo risiede uno dei concetti che struttura i miei lavori.
Gran parte di quello che vedi e' "nuovo" nel senso di contemporaneo: molte delle foto che vedi sono di persone che ancora affollano la mia esistenza..., amici, colleghi, semplici conoscenti..., persone normali che attraverso un lavoro di stratificazione (cromatico e materico ), "diventano" antiche, passate, smarrite nella memoria.
il concetto di fondo è che tutti possiamo essere vittime, oggi, domani, tutti improvvisamente possiamo essere come in quelle "vecchie foto"...
Lo stesso vale per gli oggetti che acquisto nuovi e "manipolo" artigianalmente: anche per loro esiste una "vita" ed un uso che improvvisamente puo' essere interrotto.
"Game of Life" è un progetto legato al concetto caduco dell'esistenza, un gioco appunto, nel quale noi non siamo più padroni del nostro destino.
interessante, comunque quello che dicevi a proposito dell'essere "spazzati via", è sicuramente vero anche questo.
Le vecchie foto, legate semanticamente a un tempo passato, sembrano essere la cifra ricorrente della tua ultima traiettoria di ricerca artistica, penso in questo caso a "Three Women" per la VI Biennale di Tashkent - Uzbekistan, ci racconti il tipo d'intervento?
Il tuo lavoro sembra volere resistere all'interruzione possibile di un filo o di un percorso della memoria?
Mi sbaglio?
Il concetto di Memoria che cerco di utilizzare e' piu' connesso ai "Luoghi" in cui la memoria si esercita.
In generale io cerco di creare dei Memoriali, degli spazi, nei quali le persone, con poche, misere cose, possono tenere viva la memoria di coloro i quali non esistono più.
Ho sempre pensato a come persone diverse, senza avere nulla, potessero ricordare i loro cari.
Mi ha sempre interessato quell'esercizio della memoria che piu' che a conservare tende a "trattenere" a se quel poco che di vivo rimane ancora.
Non monumenti, ma scatole di scarpe colme di oggetti...
Cosa spinge un artista napoletano a determinarsi come te altrove?
Eppure quando si vive e ci si forma a Napoli si ha la sensazione di operare al centro del mondo e della cultura artistica, cosa è che invece nella pratica determina il limite di quella stessa cultura di formazione?
La mia formazione è di architetto.
La mia educazione è artistica.
Ho sempre fatto il designer perché questo era il mio lavoro e ho sempre fatto l'artista perche' questo era quello che sapevo fare meglio.
Ma tutto cio' di cui stiamo parlando è relativamete recente: solo dal 2001 ho abbandonato tutto e mi sono dedicato completamente ad un certo tipo di lavoro.
E questo è stato possibile solo andando via dall'Italia.
In Europa prima ed in Asia poi, ho potuto trovare i supporti di cui avevo bisogno.
Da alcuni anni ho quasi completamente abbandonato la mia "carriera" artistica per dedicarmi interamente al mio lavoro di Exhibition Designer.
Di questo sono molto contento e soddisfatto: con la mia esperienza artistica e la mia formazione di design sommati ai miei studi come curatore, oggi sono diventato un riferimento importante nell' istituzione dove lavoro.
E' molto interessante lavorare con artisti e curatori provenienti da tutto il mondo i quali si affidano al nostro lavoro per rendere reali i loro progetti.
Lasciami dire che le soddisfazioni sono enormi e le condivisioni in termini culturali e conoscitive sono notevoli.
Napoli?
Mimmo, per carità, di cosa vogliamo parlare?
Se vuoi con calma ti spiego cosa facciamo qui e soprattutto come lo facciamo.
Non voglio certo sminuire in due parole un tema importante, ma penso che richiederebbe un discorso a parte...