La mostra “L’anello di Cupra” a Palazzo dei Priori di Fermo non smette di stupire. Mentre si registra una crescita costante dei visitatori, con 9.500 presenze, una nuova opera ha fatto ingresso “nell’anello”. Si tratta di “Hommage to Francesco Scavullo: Twiggy” dell’artista contemporaneo Francesco Vezzoli, classe 1971.
Nel suo lavoro Vezzoli analizza i rapporti, talora perversi, tra il mondo della comunicazione e quello del potere, affrontando temi spinosi quali il divismo, la religione, il sesso e la politica. La sua scommessa è stata quella di contaminare l'alto e l'aulico con gli elementi più commerciali e triviali. La sua opera esposta a Fermo si inserisce perfettamente nel contesto della mostra, dedicata alle icone della femminilità dalla preistoria a Rubens, da Van Gogh ai contemporanei. L’opera celebra una delle prime e più famose supermodelle, Twiggy, che rappresenta il simbolo di un'epoca rivoluzionaria in termini di stile. Ragazza timida e impacciata, all’anagrafe Lesley Hornby, è diventata una professionista che ha saputo rinnovarsi, come dimostra la sua carriera di attrice e cantante. La sua corporatura magra e priva di curve e il suo aspetto efebico, la fecero diventare testimonial della minigonna di Mary Quant e il volto della Swinging London.
“L’anello di Cupra” è visitabile fino a domenica 23 ottobre. L’esposizione, a cura di Marcello Smarrelli, è promossa dal Comune di Fermo e realizzata con il contributo della Regione Marche e della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, mentre la produzione è affidata a Sistema Museo. Partner tecnico è DACA Vetrine d’Autore.
Ben 9.500 visitatori sono già accorsi per ammirare le opere di grandi artisti italiani e internazionali, tra cui Rubens, Hayez, Van Gogh, Segantini, Previati, Giacomelli, Beecroft, esposte all’interno di un sorprendente scenario architettonico. Continua in ascesa il successo di questa mostra che richiama ogni giorno centinaia di persone con interesse e curiosità, insieme all’aumento delle presenze turistiche complessive nella città di Fermo.
FRANCESCO VEZZOLI, l'artista delle lacrime
Considerando estremamente fluido il confine tra ciò che è accettabile e ciò che non lo è, Francesco Vezzoli si è spinto al di là del postmoderno, ha preso cultura alta e cultura bassa gettandole in un frullatore. Ciò che ne è venuto fuori è il risultato del suo inconfondibile e inimitabile marchio, che qualcuno giudica eccessivo e ridondante, mentre gli ammiratori sono veri e propri fan che stravedono per lui e lo adorano come l'unica rockstar dell'arte italiana.
Se dovessimo rintracciare un solo elemento a far da collante al suo eclettismo formale, Vezzoli potrebbe risultare come l'artista delle lacrime, tale e tanta la sua passione per il melodramma. Si è divertito, con un certo sadismo, a far piangere le sue dive avvolte dal misticismo proprio delle icone gay. Ne ha ricamato i volti con perizia artigianale, con la maniacalità di chi ha visto nel taglio e cucito un riscatto per quelle pratiche basse, di femminea quotidianità, il riscatto nei confronti di un'arte machista e troppo sicura di sé, oggi superata.
Anche se Vezzoli si avvale di una gamma molto ampia e diversificata di media, il ricamo è rimasta una tecnica che caratterizza la sua carriera dagli esordi. Inizialmente emulando famosi attori che ricamavano sia dentro che fuori lo schermo, come Vicente Minelli a Joan Crawford, Cary Grant, e Greta Garbo, col passare del tempo questa pratica è diventata un'attività più profonda e contemplativa, riferita ad un mondo di sentimenti, crisi, ossessioni e depressioni che in qualche modo vengono sublimate dal lavoro artigianale.