Vozla: Casavatore e il mio condominio? Anticipano il cool.
Nasci come performer, almeno credo, pur se il termine è per te riduttivo, hai esplorato e sondato i territori creativi dell'underground napoletano in lungo e in largo, arrivando a creare luoghi e spazi sonori ambientali, la tua Napoli è sicuramente una Napoli che non ha nulla a che vedere con Accademia e tradizione popolare, quanto il tuo percorso di attraversamento dei luoghi non comuni dell'arte, ti ha reso popolarmente impopolare?
I miei anni d'inizio di formazione sono gli anni del punk.
Fine anni settanta.
La questione dell essere indipendenti anche nel fare arte, gestendo creando spazi oltre quelli considerati ufficiali era, ed è per me vitale.
Naturalmente ho sempre provato un senso di asfissiticità a fruire l'arte in luoghi dove la questione dello status pone una forte distanza col fruitore che dovrebbe essere -credo- partecipante attivo.
Una cosa questa che ritrovo anche oggi stando in strada e facendo murales insieme ad altri artisti.
Popolarmente impopolare, come dici, è perfetto per sottolineare un aspetto, a chi non mi conosce.
Non ho mai di base pensato alla popolarità, ma al fare quello che sentivo come spinta intuizionale a fare.
L'arte parte da questa spinta, è il nostro collegamento col divino generatore, chiamato anche Dio.
L'ambiente ufficiale - fra gestori fruitori ed artisti- può anche segretamente, o velatamente considerare secondo i propri parametri valido il lavoro svolto nell underground, ma ti tiene ai margini perchè non direttamente sei gestibile dalla rete delle loro direttive.
Nel mio caso poi l'underground considerava troppo sofisticato il mio lavoro per certi parametri ( e a questo proposito ci sarebbero da fare molte considerazioni ) esistenti anche nelle sue vene sotterranee; direi che questo stare nel mezzo di due margini ha creato agli occhi degli altri questa impopolarità polare.
Ma permettimi, considererei anche la caparbietà insieme al carattere emozionale, di quello che propongo che sembra vibrare con le corde emozionali del fruitore partecipante.
A un certo punto sei arrivato a scovare e individuare in queste tue esplorazioni, tra il non visto dell'underground napoletano, non il tufo greco, ma dei compagni di percorso e di linguaggio, che con le loro ricerche hai ospitato nel tuo spazio Mivhs Homegallery, una casa gallerie, a Casavore, in periferia, quindi non solo con un format distante dai cliché degli addetti ai lavori, ma uno spazio privato, dove le cose proposte e prodotte sono frutto di un incontro tra linguaggi d'artista, come è possibile?
Come si può trasformare il proprio spazio privato, in una periferia e farne uno spazio d'incontro tra il lavoro di un artista e il suo pubblico?
La questione periferia e centro è un clichè meramente terrestre.
Viviamo infinità dove non è considerato il centro ed una periferia, la terra è in questa infinità.
Le coordinate geografiche sono terrestri e create per meglio gestire cose e persone dalla rete di controllo.
Partendo da questa ottica io considero di non essere in periferia.
Il concetto dualistico del centro e periferia è comodo per chi deve catalogare e gestire.
Una cosa che avviene nella solita New york o gettonata berlino prende una valenza glamour e contemporanea agli occhi di chi vive in duale, e passa inosservata o peggio snobbata fuori da quel giro.
Ho visto e vedo da queste latitudini artisti che sono anticipatori di quello che accade in luoghi considerati cool.
Possibile, sentendo la spinta interiore a farlo in sintonia con il mio essere , sentirmi indipendente.
Mi rendo conto che oggi l'argomento indipendente è in voga, ma permettimi di considerare il fatto che sono circa trent anni che opero con tale spirito.
Al mivhs si fermano artisti con questa lunghezza d onda.
Amici con cui sono in percorso da tempo e nuovi amici che sentono il mio sentire.
Casavatore, ho poi riflettuto è sempre stato un luogo di confine.
Vicino al centro città che fa da ponte a luoghi dell' entroterra, questa situazione mi affascina per le similtudini con la mia posizione nel campo.
La mia arte è il mio privato anche, casa mia era troppo grande poi per me che vivo da solo, dividerla con l'arte di altri amici è la sua naturale vocazione.
Vivere al mivhs, fare quello che normalmente si fa in una casa, cucinare, mangiare, sesso, amici, solitudine, compagnia, gioia, tristezza , assieme alla compagnia dell arte è il massimo, il naturale.
L'arte vive con la gente le emozioni.
Se la metti sull altare di una chiesa è altra cosa.
Penso che tu e la tua arte mobile, in auto hai preciso questo concetto.
Il tuo spazio, come un disco volante è arrivato in una realtà, dove le discussioni di senso sull'arte contemporanea non sono proprio all'ordine del giorno, come la comunità e il condominio ha reagito e reagisce alle tue proposte?
C'è una interazione reale, si riescono a interfacciare i linguaggi dell'arte contemporanea e una comunità, senza passare per i dirottamenti di pubblico che passano per privati e addetti ai lavori?
Abito nel condominio da oltre trenta anni.
Due appartamenti per quattro piani, una situazione da loggia comune sul cortile .
C' è quella confidenza nel rispetto dei limiti, per un periodo - prima di trasformare lo spazio di casa - occupavo il sottoscala con le mie produzioni, quadri , installazioni e feste.
I condomini sanno di cosa mi occupo, la porta del mivhs è aperta quando con altri artisti si monta una mostra, sovente entrano per vedere guardare discutere su quello che viene messo alle pareti.
Non tutti, alcuni sono timidi e non insisto a farli entrare, verrà poi il momento.
Chiunque, che per vari motivi viene a casa è soggetto all interazione .