Milo Moiré l'artista Svizzera 31 anni, che si è presentata ad Art Basel, fiera mondiale dell’arte contemporanea, completamente nuda.
L'artista aveva già fatto parlare molto di sé, attraverso una altra provocazione mediatica con il suo corpo, lo scorso Aprile all'Art Cologne di Colonia, altra importante vetrina gallerista e di mercato, aveva dipinto alcune sue tele in presa diretta, andando ben oltre Pollock, non si è limitata a stendere una tela a terra e a danzarci intorno, la sua idea do action painting al femminile, è passata per delle uova iniettate di colore, lanciate dalla vagina sulla tela, metafora pittorica della dea madre e della creatività al femminile, insomma non il pennello ma la vulva come media pittorico, Pollock mortificato, la sua immagine nuda immortalata su tutti i media di massa, i social media, riviste specializzate e quant'altro.
Era inoltre salita nuda su un tram a Düsseldorf nel maggio del 2013. Il suo scopo? Sradicare i modelli di pensiero quotidiano dalla mente dei pendolari.
Questa volta a Basilea ha semplicemente coperto il suo corpo nudo con dei nomi scritti sulla pelle.
Scesa dal tram, una folla di persone si è ovviamente radunata intorno a lei per scattarle fotografie.
Senza prestar loro attenzione, la dea madre Milo Moiré, ha continuato per la sua strada e si è indifferente, accodata alla cassa dell'ingresso principale della principale fiera d'arte contemporanea in Europa.
Pochi istanti e la portavoce di Art Basel, Dorothee Dines, le si è avvicinata per farle gentilmente capire che non sarebbe potuta entrare.
Le motivazioni?
“Dal momento che lei sta svolgendo una performance, non posso lasciarla entrare. Art Basel mette in mostra diversi artisti, rappresentati ciascuno da una galleria. Queste persone hanno dovuto proporsi mesi fa per essere selezionate e partecipare alla fiera. E tutti sono tenuti a pagare una tassa. Per questo motivo, riteniamo che il suo gesto non sia corretto nei confronti degli altri”, le ha spiegato.
Milo Moiré ha accolto le sue argomentazioni e ha replicato che sarebbe andata a vestirsi per visitare la fiera come tutti gli altri.
Insomma pubblicità gratuita a costo zero e neanche troppa polemica critica intorno al fatto che gli artisti in questo tipo di fiere, debbano passare per la rappresentanza di gallerie e per meccanismi di acquisizione di opere precostituiti che ne determinano il valore di mercato, non un cenno alle logiche di un mercato taroccato che tramite le istituzioni artistiche, che più che a dare valore all'arte come processo linguistico e simbolico culturale, mirano a formare addetti ai lavori, si formano per ambire a entrare esclusivamente nella zona rossa del mercato globale, per la quale sono disposti a tutto quasi tutti e quando la notizia viaggia viralmente e mediaticamente, il successo effimero è assicurato.
Ma noi, siamo sicuri sul serio, che una performance d'arte contemporanea debba mirare esclusivamente a questo?
Perché se su questo siamo tutti d'accordo, domani salgo in automobile nudo e mi scrivo addosso: non arrivo alla fine del mese, sono un artista visivo e mi presento in tutti i luoghi dove non ho accesso a questo punto del mese perché la mia economia non me lo consente, dite che in questa maniera ho risolto tutti i miei problemi psicopatologici legati alla mia relazione di senso con la didattica dell'arte contemporanea?
Se penso che negli anni novanta con una posse di artisti visivi il "Mario Pesce a fore", ci presentavamo in gallerie d'arte contemporanea con pistole giocattolo e passamontagna, per riappropriarci della cultura e dei processi dell'arte contemporanea che ci venivano espropriati in quegli anni dal mercato privato che identificavamo, oggi come allora, nelle gallerie d'arte contemporanea, penso che forse sia giusto passare per un "dilettante" e un "disobbediente", davanti a questo modello di professionismo.
Questo è!