Esattamente come è accaduto per buona parte dei suoi lettori, anch'io ho conosciuto Tullio grazie a L'elenco telefonico di Atlantide, romanzo d'esordio del 2003, pubblicato da Sironi. Raro esempio di libro “di genere” apprezzato anche dalla critica benpensante e snob, L'elenco è un thriller impreziosito da robuste iniezioni di cospirazionismo, fantascienza ucronica e perfino con spruzzate di urban fantasy alla Gaiman. Il colpo di genio di Avoledo è stato quello di riuscire a nascondere il tutto sotto l'apparente trama thrilleristica, filone sdoganato da anni al grande pubblico, per arrivare quindi a lettori di solito non amanti delle derive “fantastiche” dei romanzi di genere.
Ovviamente si tratta di pregiudizi stupidi e retrogradi ma, non potendo sconfiggerli, la strategia di Avoledo si è rivelata la più efficace possibile. Il tutto unito ovviamente a una scrittura fresca, briosa, ironica eppure mai priva di una certa profondità.
Sull'onda del successo de L'elenco esce quasi subito il suo secondo romanzo, Mare di Bering, che è forse quello che meno amo dell'autore friulano, pur presentando uno scenario distopico-ucronico sottile e inquietante, che oggi, otto anni dopo l'uscita del libro, sembra fin troppo attuale e probabile.
Lo stato dell'Unione e Tre sono le cose misteriose sono invece i libri che più apprezzo di Avoledo, anche se mi pare di capire che i suoi fans la pensino in maniera opposta.
Ne Lo stato si torna in un certo qual senso alle atmosfere cospirazioniste del romanzo d'esordio. Ci troviamo in un presente molto simile al nostro, in cui l'Italia e l'Europa sono attraversate dall'affermarsi di partiti localisti e xenofobi, apparentemente più folkloristici che non pericolosi. Eppure qualcosa di inquietante e pericoloso sembra muoversi all'orizzonte, complice involontario il protagonista del libro, il pubblicitario Alberto Mendini.
Personaggi perfetti, ghost track che profumano di fantascienza, fantapolitica, più la solita dose di ironia agrodolce: tutto questo mi fa amare Lo stato dell'Unione anche più di altri libri di Tullio.
Tre sono le cose misteriose è un libro introspettivo in cui i ritmi sono bassi, gli avvenimenti pochi, le suggestioni tante. Siamo nei giorni che precedono un processo internazionale per dei gravi crimini di guerra. Un giovane sostituto procuratore si prepara a far condannare “il Mostro”, ex capo di Stato macchiatosi di genocidio. Come sempre Avoledo traccia un quadro intrigrante senza dettagliarlo più di tanto, lasciando che siano i lettori a unire i puntini (o a tentare di farlo). Tra l'altro, ma questo l'abbiamo scoperto solo dopo qualche anno, Tre sono le cose misteriose apre in un certo qual senso la strada a La ragazza di Vajont, ritenuto uno dei migliori libri scritti da Tullio.
Breve storia di lunghi tradimenti è un altro romanzo insolito per Avoledo. Pubblicato da Einaudi, dà la netta impressione che sia da imputarsi proprio all'editore l'autolimitazione della vena più “fantascientifica” dell'autore friulano. Ci sono i soliti spunti succulenti, ma sono diluiti in una storia più mainstream, più amara e indirizzata a un pubblico non specializzato. Ma lo scrittore è bravo nel compiere un giochetto che ai suoi fans non è sfuggito: riprende dei suoi vecchi personaggi e li remixa in modo sapiente, proprio come se fossero versioni alternative di quelli presentati nei romanzi precedenti.
Meta-narrativa per veri intenditori.
Scopro ora che di questo libro vedremo presto la trasposizione cinematografica, girata da Davide Marengo e con Carolina Crescentini, Maya Sansa e Guido Caprino come protagonisti. E' lecito aspettarsi qualcosa di buono, o verranno cancellate tutte le tracce fanta-qualcosa che fungono da valore aggiunto alle storie di Avoledo? Datevi voi una risposta, perché io non voglio fare previsioni.
Così torniamo a La ragazza di Vajont, romanzo distopico che attraverso una storia malinconica e triste ci racconta molte cose sul mondo in cui viviamo. Come ho già detto, per molti affezionati di Avoledo questo è uno dei suoi romanzi migliori, che appaga sia gli amanti della fantapolitica (siamo dalle parti di Domani all'alba, di Brendan DuBois), sia chi apprezza storie più intimiste e non troppo smaccatamente di genere.
L'ultimo giorno felice è un romanzo “minore”, inserito in una nota collana che tratta problemi d'ecologia, ambiente e d'inchiesta, ma utilizzando la narrativa al posto della saggistica. Si tratta di una storia che denuncia l'avidità e la spregiudicatezza di una certa imprenditoria del Nord-est. Piacevole lettura, che però rimane molto meno rispetto alle altre.
L'anno dei dodici inverni è invece un'ulteriore consacrazione di Avoledo come scrittore fantascientifico e orgoglioso di esserlo. Il romanzo parla di viaggi nel tempo, di utopia, distopia, ma soprattutto d'amore. È la riprova che anche la narrativa di genere può coesistere con tematiche “elevate” e conquistare fasce diversissime di lettori. Un risultato eccezionale, soprattutto per questo nostro piccolo paese pieno di snob.
Mancano al mio elenco Un buon posto per morire, scritto con Davide Boosta Di Leo, che non ho ancora avuto modo di gustare, ma di cui si trovano in giro pareri non troppo entusiastici.
In compenso ho appena finito Le radici del cielo, di cui vi ho accennato qualche giorno fa. Escursione di Avoledo in un mondo creato dal collega russo Dmtry Glukhovsky, si tratta di un romanzo post-apocalittico molto lontano dal consueto stile di Tullio. A ogni modo Le radici del cielo si è rivelata una lettura molto buona, ricca di spunti e d'atmosfere davvero rare per la fantascienza made in Italy. Quando scriverò la recensione ve ne parlerò ampiamente.
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Bibliografia
L'elenco telefonico di Atlantide, Sironi, 2003
Mare di Bering, Sironi, 2003
Lo stato dell'unione, Sironi, 2005
Tre sono le cose misteriose, Einaudi, 2005
Breve storia di lunghi tradimenti, Einaudi, 2007
La ragazza di Vajont, Einaudi, 2008
L'ultimo giorno felice, Edizioni Ambiente, 2008, poi tascabile Einaudi 2011
L'anno dei dodici inverni, Einaudi, 2009
Un buon posto per morire, Einaudi, 2011
Le radici del cielo, Multiplayer.it Edizioni, 2011