Osate cambiare

Solo gli stupidi non cambiano mai idea.
Io sono testardo – a volte molto – ma non stupido. Spero che almeno questo me lo concediate.
Quando anni fa iniziai a dilettarmi con la scrittura in modo un po' più serio, vale a dire creandomi una sorta di piccolo ma crescente parco-lettori, avevo delle radicali convinzioni, in parte mie e in parte maturate leggendo gli articoli di certi soloni che sembravano saperla lunga.
Col tempo un ambiente del genere ti trasforma. O diventi anche tu un solone, parte del sistema e allineato a certe idee, oppure ti chiami fuori e cerchi di vedere le cose coi tuoi occhi e non quelle degli altri. Io ho scelto questa strada e, attenzione, non vi sto dicendo che sia necessariamente la migliore.
Ci sono dei punti “critici” su cui le mie convinzioni in tema di scrittura sono cambiate in modo alquanto radicale. Ve ne espongo cinque, sapendo già da ora che in taluni casi non sarete d'accordo con me.


Non si deve scrivere soltanto di ciò che si conosce

Io scrivo storie “milanesi”, ma non solo. Con la saga dei Prometei e con Scene selezionate della Pandemia Gialla ho spaziato in tutto il mondo. Dal Sud America ai Balcani, dall'Australia all'Africa Nera. Probabilmente ho sbagliato clamorosamente alcune descrizioni e alcuni dettagli. Pur col supporto di strumenti quali Google Maps e Wikipedia è impossibile ricostruire fedelmente un posto mai visto di persona.
Prendete New York: me lo immaginavo più o meno come si è rivelato, ma è proprio quel “più o meno” che fino a qualche mese fa me lo avrebbe fatto descrivere erroneamente.
Quindi, per esempio, non avendo mai visto Capetown dovrei rinunciare per sempre a scrivere un racconto ambientato lì? Magari perché sbaglierei nell'indicare l'esatto numero di finestre del palazzo tal-dei-tali?
La risposta che mi do ora è: no. Non scrivo libri di geografia, bensì narrativa.

Non ho scritto né mai scriverò capolavori

Lo scrittore alle prime armi pensa quasi sempre di aver sfornato qualcosa di così bello che difficilmente non verrà apprezzato in modo omogeneo e unico. Purtroppo non funziona così per nessun autore, nemmeno per il più esperto e scafato.
Ogni racconto che pubblicherò avrà cinque estimatori e altrettanti detrattori. Di quest'ultimi occorrerà capire se le loro critiche sono mosse in modo costruttivo o distruttivo. Perché, e qui ci metto una postilla, non è assolutamente vero che “il lettore ha sempre ragione”. Ha ragione quando solo quando non dice minchiate.

Senza un editore la mia dignità è la medesima

All'inizio, anni fa, vissi un breve periodo in cui la ricerca spasmodica di un editore era il piano A per diventare scrittore. Anzi, era l'unico piano possibile e immaginabile. Per fortuna è una fase che a me è durata davvero poco. Così come è durata poco la voglia di qualificarmi “scrittore”. Sono anni che non invio materiale agli editori. Questo non mi fa sentire inferiore, non mi svilisce, non mi deprime.
Vedo alcuni “colleghi” che scrivono in funzione di ciò che potrebbe interessare a una casa editrice. Può essere una strada, forse anche quella giusta, ma non è la mia. E, per dirla tutta, non la trovo nemmeno particolarmente brillante.

Non si vive, lavora e muore da soli

La sboronaggine della giovane età ci porta a pensare di poter fare tutto da soli. Scrivere, impaginare, vendere, distribuire. Anzi, molti scrittori pensano addirittura di non dover far leggere le loro opere al prossimo, in virtù di un misterioso “perfezionamento” che dovrebbe arrivare dal cielo, a mo' di Spirito Santo.
Tutto sbagliato. La prima cosa da fare, per uno scribacchino, è trovarsi un pubblico non composta da amici e parenti, disposto a leggere e valutare ciò che nasce dalla penna (dal wordprocessor) del tizio in questione.
Il secondo step, senza tirare in ballo gli editori, è di guardare in giro: sarà semplice trovare qualcuno in grado di dare una mano per ciò che concerne l'impaginazione, l'aspetto grafico, la promozione. Ritengo anche indispensabile avere un blog e frequentare i social network. Chi pensa snobisticamente di sedersi in poltrona e aspettare che i lettori lo vengano a cercare per grazia divina, beh, ha capito davvero poco.

Regole e creatività non si eludono

Molti dicono che la scrittura è una questione matematica, fatta di regole imperscindibili.
Sono balle.
Altri sostengono che le regole sono inutili e che l'istinto, la vocazione, sopperisce a tutto.
Sono balle anche queste.
Un giusto amalgama delle due cose è invece indispensabile. Diffidate di chi vi cita dozzine e dozzine di manuali da imparare a memoria prima di “osare” scrivere qualcosa. Imparate le regole davvero importanti, cercate di padroneggiare un italiano impeccabile, ma non omologatevi a questo o quello stile perché il blogger tal-dei-tali vi dice che “Tizio sì che sa scrivere, mica come gli altri retard!”
Non so a voi, ma a me l'idea di vedere una generazione di autori tutti uguali, tutti perfettini col medesimo modo di scrivere, mette i brividi. Così come mi mettono i brividi tutte le convenzioni di questo mondo.
Perciò studiate, ma trovate anche qualcosa che faccia da specchio alla vostra creatività.

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