andrea bowers, un silenzio che urla

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Art Basel 2015, sezione Art Feature

Andrea Bowers

Courtroom Drawings (Steubenville Rape Case, Text Messages Entered As Evidence, 2013)

gallery Susanne Vielmetter Los Angeles Project

 

Quando le cose vanno troppo oltre è difficile parlarne. 

C'erano una volta, in una piccola cittadina dell'Ohio, due giocatori della squadra di football locale che stuprarono e seviziarono una compagna di scuola, davanti a un pubblico attento, che riportò lo spettacolo su Instagram e YouTube. Quando il caso poi finì in tribunale - dopo svariati tentativi di insabbiamento - mancavano le parole.

Non è facile parlare di queste cose, come ho detto.

Le prove portate all'attenzione della corte furono proprio parole non dette, ma scritte, messaggi scambiati su WhatsApp tra carnefice e vittima, tra carnefice e carnefice.

Le stesse parole che Andrea Bowers ha riportato, ingigantendole, su lastre di diverse sfumature di blu - ognuna portatrice di una specifica conversazione - che richiamano un cielo, sfumato di nuvole. Courtroom Drawings si configura come un anfiteatro di parole, all'inizio sembra innoquo, ma dopo averle lette non si può restare impassibili al suo interno. Si è bombardati silenziosamente da tutte queste parole, dalle loro connessioni, dalla loro evidenza.

E' un silenzio che urla, un invito all'ascolto, un invito all'azione.

Appena fuori da questo universo blu ci aspetta il suo contraltare, usciamo dal tribunale, affrontiamo l'opinione pubblica: le manifestazioni di Anonymous, i manifesti di protesta e solidarietà.

Dal blu al bianco, dall'imponente istallazione alla minuzia dei piccoli disegni, costati ore di lavoro all'artista.

Un lavoro importante, per non distogliere lo sguardo, per non dimenticare Jane Doe. Per non dimenticarne nessuna.

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