Biennale di Venezia - Considerazioni Inattuali

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La Biennale di Venezia è il tempio dove gli artisti si sposano con l’arte. La celebrazione, l’istituzione, l’austerità. Tante suggestioni che contribuiscono a creare il mito della biennale di Venezia. Perché la biennale è mito.

Oltre ad essere mito, la biennale è macchina. Una macchina potentissima che impegna migliaia di lavoratori e attira centinaia di migliaia di visitatori..

L’impatto è forte. L’esplosione avrà un riverbero di onde che si irraderianno per tutto l’autunno, e anche l’inverno. Verranno prodotti discorsi, ci saranno polemiche, verranno proclamate verità assolute assolutamente opinabili.

Per l’apertura delle danze Venezia è frenetica e caotica. Bancherelle, turisti, visitatori, ristoranti, ristoratori. Si sta stretti nelle calli. Si cammina piano. Il visitatore del vernissage della Biennale è drogato di arte, non può resistere. Si mette in coda, paga cifre iperboliche un panino. Si spintona e affila i gomiti pur di esserci. Così eccomi qui anch’io - sudato -  Nel tempio dell’arte.

Voglio vedere tutto. Sono bulimico di cataloghi volantini biglietti da visita cartoline e libri degli ospiti. Entro in qualsiasi portone aperto. Mi perdo. Cammino chilometri e chilometri e chilometri. Info point, piantina. Cingalesi e gondolette sovenirs. Vorrei comprarmi un panama.

Ma ecco l’arsenale. Poi i giardini.

Appena sono dentro sospetto di essere ad Eurodisney - penso -  sarà sicuramente colpa della mia superficialità. Però… Eppure…

Ci sono installazioni rumorose luminose e gigantesche,  architetture articolate ipnotizzanti.  Case dell’orrore, e maggiordomi senza testa, anzi no, affogati. La tecnologia…la maschera…l’inganno…le misure…il numero.

Bisogna concentrarsi. Bisogna alzare le antenne. Io, Dante senza Virgilio, in viaggio sui miei piedi sbatto di qui e di la, guardo, proseguo. Cerco il bagno.

Si, perché il visitatore della biennale non dimentica a casa la sua umanità e con sé porta migliaia di chili di “merda”, e migliaia di litri di “piscio”. I bagni, almeno una volta, li cercano tutti.  L’uguaglianza…la solidarietà…la temperanza…il corpo…umano troppo umano.

La biennale di Venezia: Camminare, sudare, sentire l’arte nella fatica che costa esser li a contemplarla. La biennale di Venezia, meta di sicuro divertimento e arricchimento culturale, e riflessione sul senso dell’arte; ma prima ancora sul senso della vita e sul sistema che ordina il mondo, lo governa, lo manipola... La mano invisibile. L’insieme.

I padiglioni, le iniziative collaterali, le performance, le feste e i locali notturni. Tutto concentrato nella città più bella del mondo. E questo arriva come un pugno sulla faccia dell’avventore assetato di emozioni artistiche. Difficile metabolizzare. Difficile ricordare qualcosa di specifico. Rimane però l’esperienza e uno zaino pieno di materiale cartaceo da analizzare, archiviare, spolverare…farci il fuoco.

Qualcosa che potrebbe cambiare il corso dell’esistenza, ma anche no. Qualcosa che vive al di là di ogni singolo individuo, e partecipa alla ruota del sistema come tassello di secondaria importanza.

Fanfara, c’è anche il Presidente della Repubblica! La gente si accalca, le guardie scalciano, i doppio petto salutano. Ho capito. Sono intrappolato in un libro di Calvino. No, un film di Kusturika. No è la biennale di Venezia, un’esperienza di umanità da non perdere. 

Se la biennale fosse musica sarebbe Sanremo. Se fosse sport sarebbe i mondiali di calcio o le olimpiadi. Se fosse acqua sarebbe da bere e se fosse fuoco…

Bello il padiglione egiziano.

 

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Performance Geltin nel giardino delle vergini

Fotoreport inaugurazione Padiglione Italia 2011

Recensione Padiglione Italia 2011

 

 

 

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