54. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia - Padiglione Italia

E' ufficiale: il Padiglione Italia è orrendo. Ad Arsenale non ancora inaugurato avevo altrove concesso il beneficio del dubbio - in fin del conto, per giudicare bisogna prima conoscere. Ma ora non è più possibile difendere l'indifendibile. Se il curatore voleva rappresentare l'Italia, ci è riuscito benissimo: un coacervo di opere men che mediocri realizzate da artisti di provincia e collocate senza alcuna soluzione di continuità, come se si volesse fronteggiare il timore dell'horror vacui.  

Ormai lo sapete tutti, ma proprio tutti, che i suddetti artisti  sono stati indicati non da critici/curatori di provato mestiere, bensì da personalità della cultura che con l'arte contemporanea hanno pochi trascorsi, almeno nel senso della partecipazione attiva che caratterizza le "fatiche" di uno che per tirare a campare cura mostre. L'intento, come ho detto in altra sede, era lodevole: sarebbe stato interessante toccare con mano il pensiero di scrittori e filosofi, che la sanno lunga rispetto ai curatori, forti  di  una laurea in storia dell'arte. Macchè.

Questo Padiglione Italia sembra un deposito, un magazzino di stoccaggio merci. Sono sicuro che la causa di tale orrore sia stata la scarsità del tempo a disposizione. Non poteva essere diversamente, dal momento che il padiglione nazionale sarà stato preparato sì e no in quindici giorni.

La stragrande maggioranza delle opere ammonticchiate in questo suk è di una bruttezza sconcertante. Attenzione: qui  non si parla del brutto che è bello. Non si sta a filosofeggiare. Qui si dice che la produzione Italia all'Arsenale fa oggettivamente schifo e che l'ordinamento della mostra è ributtante.

Non si pretendeva che il curatore facesse il precisino collocando un paio di oggetti in un grande white cube - queste velleità lasciamole agli italioti che vogliono scimmiottare gli Inglesi. Ma nemmeno ci si aspettava l'allestimento di un manicomio.

Perchè questo è il Padiglione italiano: una masnada di sciamannati, scelti dagl'intellettuali amici loro in base a non si sa quale criterio se non quello della velleità molto italiana di pavoneggiarsi del proprio "potere" di scelta. "Potere" esercitato da un caravanserraglio di dilettanti.

Penso con umana comprensione ai sospiri di chi aveva salutato l'imminente inaugurazione del Padiglione Italia "liberato" dai soliti Maurizio Cattelan, Rudolf Stingel, Vanessa Beecroft e Monica Bonvicini, desideroso di vedere l'Italia vera, quella degli artisti incompresi e rancorosi che, gonfi di pathos creativo, presentano la loro opera d'arte.

Quando, a rappresentar l'Italia, piaccia o no, sono proprio i Maurizio Cattelan e i Rudolf Stingel e le Vanessa Beecroft e le Monica Bonvicini - unitamente a tanti altri, of course.

Si dice che ciò che ciò che appare sia menzogna e che la verità stia in ciò che non si vede. Bene, abbiamo visto ciò che fino ad ora era precluso ai nostri occhi. Un mercato rionale di artisti mediocri, dove le pochissime opere di qualità  sono state deturpate dagli accatastamenti - sarebbe eccessivo dire "accostamenti" - di lavori disgustosi fortuitamente coinquilini. Dove un frate Elio di Elio e Le Storie Tese alle prese-con-non-so-quale-atto-performativo faceva il paio con una mignotta bionda, nuda come mamma l'ha fatta e seduta su un trono in gomma realizzato da Gaetano Pesce. E anche lì: vai di foto ricordo con la pornostar.

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